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Ippoterapia

Può succedere in ambito psicoterapico, che si cerchi “il nuovo”, dimenticando che esistono interventi vecchi quanto l’uomo ma che solo pochi hanno analizzato scientificamente per proporli nei tempi moderni a beneficio di molti, bisognosi di un supporto psicologico.

Il mestiere dello psicoterapeuta, deve prevedere saggiamente, per ogni suo paziente, tecniche diverse per momenti diversi in un processo al centro del quale c’è un essere umano sofferente da aiutare.

Il gioco del cavallo a dondolo riflette il sapore antico del rapporto tra cavallo e uomo, scandito dal ritmo rassicurante del dondolio che lo accompagna dal grembo materno alla culla fino alla sedia a dondolo.

Sentirsi in sintonia con un cavallo apre ad una gamma di complesse esperienze relazionali di grande rilievo psicologico (utilizzabili dallo psicoterapeuta). Al cavallo si devono impartire dei comandi per decidere le andature, dunque lo si porta ma si è anche portati: si è cullati e al tempo stesso trasportati dal suo ritmo. Ciò è frutto di una relazione, somigliante a quella che si instaura tra esseri umani, che offre un campo di infinite esplorazioni, proiezioni, simulazioni, in virtù delle quali si sviluppa un processo terapeutico nel quale il cavallo è l’alterità grazie alla quale articolare la propria identità. Esso non rappresenta di per sé un valore salvifico ma è l’instaurarsi della comunicazione e della relazione affettiva che risultano curativi.

Abbandonarsi ad un dorso che accoglie con calore, con una ritmicità costante, significa instaurare un gioco dialettico con cui si attivano funzioni già sperimentate nell’infanzia attraverso il linguaggio corporeo che rende consapevoli sentimenti positivi e vitali. Le dinamiche che si instaurano nella relazione tra soggetto-oggetto (in ippoterapia uomo/cavallo), sappiamo da Jung essere alla base del fluire dell’energia psichica, che regola il contrasto tra funzioni opposte (processi pulsionali/sentimentali) convogliandole verso l’azione. Il grande, caldo e dondolante corpo del cavallo, in terapia, è dunque un contenitore di pulsioni, in cui due diversità diventano armonia. La mediazione di questo rapporto si attua grazie al terapista (ippoterapeuta) scaturendo in una dinamica triangolare grazie alla quale l’equitazione diventa terapia e la terapia equitazione.

Ecco che l’utilizzo del cavallo, oltre che in ambito sportivo e ricreativo, trova applicazione nel contesto terapeutico e riabilitativo: uno psicologo e psicoterapeuta non può trascurare di indagare su qualsiasi cosa aiuti un essere umano nel “difficile mestiere di vivere!

Se il malessere che vive l’uomo moderno può esser dovuto ad un porsi in modo errato con l’ambiente mettendosi con esso in contrapposizione, risulta interessante tentare di utilizzare metodiche terapeutiche che favoriscono la ricongiunzione delle due realtà, uomo e natura.

Ci sono molti sostegni ambientali che si usano spontaneamente ma inconsapevolmente per lenire solitudine, sofferenza e angoscia. La ricerca di uno spazio verde, ampio e silenzioso o l’accoglienza di un animale (pet) da accudire nella routine della vita quotidiana, costituiscono ad esempio piaceri che abbassano il livello dei disagi.

Ecco che anche il maneggio, la scuderia, il centro equestre, risultano setting operativi privilegiati, spazi facilitanti di ascolto e socializzazione per il paziente e di osservazione per l’operatore; il paziente viene infatti osservato in una situazione in cui si sente libero e quindi se ne può cogliere in modo più autentico manifestazioni che in altri ambienti medicalizzati sarebbero condizionati ed inibiti.

La pratica dell’IPPOTERAPIA, cioè l’equitazione come mezzo terapeutico, grazie agli innumerevoli stimoli positivi che apporta, permette in modo graduale di entrare in relazione con un altro essere vivente, l’ambiente circostante e le persone che lo frequentano. Le fasi, che hanno tempi variabili e livelli di autonomia del soggetto sempre diversi, si articolano più o meno così:

  • Governo della mano, con cui si effettuano azioni finalizzate alla pulizia ed alla cura del cavallo

  • Bardatura, cioè la vestizione dell’animale con sella, redini etc

  • Conduzione del cavallo nel campo di lavoro e salita in sella

  • Attività a cavallo e con il cavallo anche portato alla lunghina

  • Discesa, uscita dal campo, dissellaggio e ricompensa al cavallo con cibo e coccole.

Con la terapia coadiuvata dall’animale, i pazienti si trovano a lavorare in un contesto dove non sono costretti a fare nulla, quindi, tutto quello che producono è frutto di uno sforzo nato dalla motivazione indotta dalla vicinanza con l’animale, che, oltre ad essere empatico, non valuta e non giudica.

L’offerta di un vitale ed inedito rapporto centrato sul fare e sullo stare insieme, offre una gamma complessa di esperienze relazionali di grande valenza anche psicosociale. Riabilitare in quest’ottica significa mettere il paziente nella condizione di scegliere lo stile della propria vita, convivendo magari con i propri sintomi ma procedendo comunque verso una vita socialmente attiva (si minimizzano gli effetti della disabilità e si massimizzano le potenzialità nascoste).

L’ippoterapia ha trovato facile spazio nel bisogno del malato di uscire dalla dimensione dell’ ”eterno assistito”, emarginato in luoghi di cura chiusi e sterili; in ogni caso comunque, i cavalli ed altri animali, non sono da considerare sostitutivi delle altre terapie bensì valori aggiunti, strumenti facilitatori che favoriscono l’espansione delle interazioni positive al di fuori di quelle nell’ospedale o negli studi medici.

La presenza degli animali risulta positiva per il morale, riduce il livello di ansia, dona la sensazione di sentirsi utili, spazza via la solitudine attraverso i seguenti meccanismi:

  • Gli animali offrono amore incondizionato

  • Forniscono una sicurezza tattile

  • Non giudicano

  • Stimolano la tendenza umana ad offrire protezione

Ecco perché perché possono trarne giovamento coloro che sono affetti da:

  • Depressione

  • Stati di solitudine, isolamento

  • Bassa auto considerazione

E’ stato dimostrato che le persone depresse manifestano un attaccamento all’animale a cui si affezionano particolarmente forte (Mc Culloch, 1981) tanto che nella depressione associata a disturbi fisici cronici, quali diabete, insufficienza cardiaca, gastriti, si è constatato che il legame instaurato con l’animale influisce al miglioramento anche della malattia fisica. Accarezzare un manto caldo e morbido induce ad un effetto calmante e quindi ad una riduzione della pressione arteriosa; ciò è vantaggioso per chi soffre di ipertensione e disturbi coronarici ma anche a ridurre lo stato di ansia in soggetti che hanno difficoltà a rilassarsi.

Introdurre un programma di Ippoterapia in un approccio multidisciplinare può essere una forma sia di prevenzione che di cura delle sofferenze psichiche. Uscire dalla solitudine, creare un’immagine positiva di sé, sentirsi amati ed utili, sono passi importanti che con l’affiancamento di un animale possono riuscire più semplici ed edificanti.

GF.

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