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Il mobbing

Questa parola deriva dall’inglese “to mob”, letteralmente “assalire”, ma può essere meglio definita come una “sindrome di accerchiamento”.

a cura della dott.ssa Emanuela Boldrin – Psicologa

“Il mobbing non riguarda solo il rapporto tra datore di lavoro e il lavoratore – ha mobbing quando un dipendente è oggetto ripetuto di attacchi da parte dei superiori (datore di lavoro) ma anche dei suoi colleghi di pari grado ed in particolare quando vengono attuati comportamenti diretti ad isolarlo, discriminarlo o comunque a provocarne un progressivo disadattamento lavorativo. Il mobbing è una forma di violenza
psicologica che si attua in ambito lavorativo e che implica la presenza di un aggressore (mobber) rappresentato da una o più persone di una vittima (il lavoratore aggredito) e di spettatori (i colleghi) che generalmente prendono le distanze dal malcapitato, nel timore
d’incorrere in ritorsioni personali. Viene esercitato attraverso una molteplicità di comportamenti ed in una certa percentuale probabilmente è sempre stata presente nelle organizzazioni.

Mobbing “orizzontale” e “verticale”

Si possono avere due tipi di mobbing:
VERTICALE – quando implica la gerarchia organizzativa:
a) mobbing strategico quello che viene attuato dall’azienda per rimuovere un dipendente scomodo
b) bossing è la forma più frequente usata nelle pubblica amministrazione in cui si tenta di estromettere il soggetto dal processo lavorativo
c) down – up è quando un gruppo di collaboratori si coalizza per estromettere il capo, svuotandolo di potere

ORIZZONTALE – è quello praticato dai colleghi meno frequente in Italia. Le azioni più ricorrenti da essere osservate sono:
1) attacchi alla possibilità di comunicare quando il capo o i colleghi limitano le possibilità di esprimersi della vittima, lo interrompono quando parla, lo criticano, ecc,
2) attacchi alle relazioni sociali quando il soggetto è sempre isolato, sembra che non esista
3) attacchi all’immagine sociale quando si sparla o si ridicolizza
4) attacchi alla qualità della situazione professionale e privata quando non gli si affidano più compiti da svolgere o si cambiano spesso
5) attacchi alla salute se lo si costringe a lavori che danneggiano la salute o
a scopo sessuale.

Heinz Leymann, medico tedesco vissuto in Svezia, è stato il primo ricercatore a dare, negli anni 80, una definizione completa di mobbing cioè di modalità di comunicazione ostile e non etica diretta sistematicamente da uno o più soggetti verso un solo individuo che è
così spinto e mantenuto in una condizione di impotenza, che lo porta a sofferenza mentale, psicosomatica e a disagio sociale.

Come riconoscerlo

Il mobbing non è uno stato ma un cambiamento del “clima” lavorativo. Le azioni che possono crearlo sono:

-impedire al lavoratore preso di mira di esprimersi,
-isolarlo,
-metterlo in difficoltà,
-svilire il suo lavoro,
-esporlo a rischi per la salute.

Gli effetti che provoca

Il mobbing è causa di importanti effetti sulla salute del soggetto. Possiamo distinguerli in: effetti tipici del disturbo post-traumatico da stress (fenomeni di iperallerta, pensieri ossessivi, azioni di esitamento, ansia, depressione) e disturbi dell’adattamento (che sono gli stessi fenomeni ma in forma minore o più lieve).

Consigli da dare

I disagi emotivi e fisici del lavoratore mobbizzato lo rende vulnerabile a prendere decisioni sbagliate. Per affrontare al meglio la situazione si
suggerisce di:
1) rafforzare se stessi e documentarsi per avere una maggior consapevolezza della propria situazione,
2) raccogliere le informazioni,
3) cercare degli alleati.

I disagi che accompagnano questo fenomeno possono anche sommarsi a delle sofferenze personali preesistenti, in entrambi i casi la prevenzione e la cura dei disturbi che si manifestano sono un elemento determinante della capacità di affrontare una condizione
di mobbing.