Racconta la tua psicoterapia

Area di discussione del percorso psicoterapeutico e di scambio di esperienze tra persone che stanno affrontando il confronto con se stessi.

Buongiorno Enrico
sorrido nel leggere la tua premessa perchè la condivido in pieno. Io sono 6 mesi che sono montato sul “BartaliniTour” come lo chiami te,e mi sa che ci dovrò stare ancora per un pò,ma come te certe domande sono emerse quasi subito vista la mia abitudine a farmi risolvere i problemi dagli altri. Con il tempo però ho imparato a guardare certi sorrisi,soprattutto quando a seconda dei miei comportamenti o delle mie frasi mi sono venuti meno rivolti. Allora ho capito che certi sorrisi mi mancavano,che i sorrisi del Doc mi indicavano la strada giusta molto più di frasi che mi hanno cresciuto,che mi hanno accompagnato in un esistenza fatta solo dal apparire e non dal essere. Ho iniziato a provare una pace d animo,a non essere più arrabbiato come prima,ancora non ci sono fuori come ti dicevo,però vedo tutto con occhi diversi,ma soprattutto vivo in maniera diversa,soprattutto comincio ad essere.C è da dire che la riprova è da data dal fatto che dai sorrisi e le frasi” Va bene abbiamo finito”,adesso ho iniziato anche a sentirmi dare delle risposte,dei consigli,diciamo che il rapporto si è modificato,diciamo che mi sta trattando da “grande”,peccato che non lo faccia un altra persona…. Questo per me,per le mie problematiche e i miei disagi significa tanto,significa aver fatto qualcosa,ancora non tutto,ma qualcosa si. Alla base di tutto c è da dire che l importante è volerlo,non si va in terapia se non lo si vuole,se non si ha il coraggio di guardare le proprie paure negli occhi. Ma soprattutto io ho deciso di fermare un tramandarsi di paure,dubbi,ansie,ecc per il bene di mia figlia. Troppo spesso parlando con i miei coetanei mi rendo conto che siamo il frutto dei nostri genitori nel bene e nel male. Io spero che il mio male si fermi in Via Boschi al 36,cosciente che potrò sbagliare come padre,ma non per non aver avuto il coraggio di migliorarmi.
Saluti Federico


Enrico:

Bartalini Viaggi.

“Se c’è un margine di cambiamento, uno spazio o range di correzione nel comportamento di una persona, quel margine del nostro modo di essere, lo utilizziamo solo quando c’è uno stimolo forte”.
Comincio da qui, ovvero quando ho sentito questa frase, nel bel mezzo del viaggio che ho fatto dentro di me, guidato da un improbabile autista che, per la maggior parte del tempo che abbiamo passato insieme, se ne stava lì sedudo, con il suo sorrisetto stampato in faccia, sensa dirmi niente. No, così è limitativo: il viaggio l’ho fatto ma non solo dentro di me, ho viaggiato anche – e forse soprattutto – durante un me che ho, prima riavvolto, poi sbobinato, setacciato, osservato, rivisitato e – spero – corretto.
Non è che il viaggio sia sempre stato bello e non sempre sono stato sicuro che la mia scelta di affrontarlo, con quell’autista, fosse stata una delle migiori mie idee di tutti tempi. Era, infatti, poco che avevo intrapreso questo percorso e c’è stata una volta che mi è venuto da chierermi “ma cosa fa Bartalini? A cosa mi serve? Io lo sto pagando… Lui se ne sta lì, immobile, dice poche cose, non mi consiglia niente, nessuna strategia, soluzioni, trucchi per stare meglio, per affrontare meglio le difficoltà… Niente di niente…”.
Tempo dopo, parlando con una persona cara, la stessa persona che mi aveva indirizzato da lui, le dissi “sai cosa ho notato… che lui ti dice poco o niente, e questo, all’inizio, non mi piaceva affatto ma poi, strada facendo, ho cominciato a notare che lui, con poche frasi, a volte uno sguardo, un riassunto su quello che dico anche in maniera sconclusionata, fa fare a me il lavoro che prima mi sarei aspettato da lui: lui mi insegna ad insegnarmi cosa voglio e come voglio raggiungerlo”.
Riinizio dall’inizio del viaggio. Dopo le prime due sedute di reciproca conoscenza, quelle, in parole povere, dedicate a far capire a lui se sarebbe stato in grado di darmi una mano, e a me se fossi stato dell’idea di poter avere fiducia in lui, decidemmo quindi di partire insieme dentro e durante il mio essere, il mio modo di essere; per conoscerlo, comprenderlo, correggerlo là dove possibile, e accettarlo (farmelo accettare) nei suoi (miei) legittimi limiti di persona normale e non piu’ condannata all’infallibilità e alla perfezione professionale, coniugale, paterna e, piu’ in generale, esistenziale. Quello che ho imparato in questo viaggio è che ascoltare la vocina che, dentro di me, mi diceva, e mi dice ancora, cosa io desideri realmente per me, e non per altri, per essere felice ed essere in pace con me stesso e con il mondo, è una cosa da non sopprimere mai. Inutile e controproducente nasconderla sotto la sabbia.
E’ stato un viaggio nel tempo. Il mio tempo. Non sono stati nè soldi, nè tempo, sprecati. La macchina del tempo esiste? Esiste eccome!
E’ il tempo che ci concediamo per perdonarci, riabilitarci, rialzarci e ripartire, dandoci così una nuova possibilità di far fronte, con le nostre risorse, alle travagliate ma bellissime vicende di tutti i giorni. Io ho fatto il mio viaggio su un autobus che ho voluto fosse guidato da Paolo Bartalini. Chi scende da quell’autobus – quello che io ho soprannominato “Bartalinitour” – esce e ricomicia il suo cammino con una nuova visione della strada che ha già fatto (non è mai tutto da buttare, neanche il piu’ grave degli errori commessi una volta o anche ripetute volte) e, soprattutto, con una nuova visione di quella che farà.
Una nuova prospettiva. Una nuova e piu’ clemente visione della strada che abbiamo già fatto, e una migliore per quella che dobbiamo ancora fare; ovvero una strada piu’ vicina di prima alla nostra legittima quotidiana serenità: una cosa piccola piccola ma fondamentale per vivere bene, senza piu’ accontentarsi di sopravvivere, di “tenere botta”.
Nel viaggio che ho fatto con Bartalinitour ho trovato un “manuale”, semplice e pratico, di banali, elementari, essenziali, ma fondamentali, regole (o consigli) di comportamento che, indipendentemente da un Credo spirituale che possiamo avere o non avere, sono regole basilari per una corretta interazione con il prossimo e con noi stessi, per adottare un atteggiamento sempre adeguato (dignitoso, educato, rispettoso, assertivo, ottimistico). E’ un manoscritto intitolato Desiderata, trovato nella Chiesa di Baltimora nel 1692. Lo allego in calce alla presente.
Poche cose nello zaino-fardello che dobbiamo caricarci sulle spalle tutti i giorni: una nuova visione, una prudente ma ben radicata autostima, poche ed elementari Regole da seguire.
“Tutto” qui…

“Desiderata”, manoscritto trovato nella Chiesa di Baltimora nel 1692

Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta Pace può esserci nel Silenzio. Finchè è possibile, senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le Persone. Di’ la Verità con calma e chiarezza, e ascolta gli Altri, anche i noiosi e gli ignoranti: anche loro hanno una storia da raccontare. Evita le Persone volgari ed aggressive: esse opprimono lo Spirito. Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perchè sempre ci saranno Persone piu’ in basso e piu’ in alto di te. Gioisci dei tuoi Risultati come dei tuoi Progetti. Conserva l’interesse per il tuo Lavoro, per quanto umile; è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del Tempo. Sii prudente nei tuoi affari, perchè il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi la tua Capacità di distinguere la Virtu’; molte Persone lottano per grandi ideali, e dovunque la Vita è piena di Eroismo. Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti e neppure sii cinico riguardo all’Amore; poichè, a dispetto di tutte le aridità e disillusioni, esso è perenne come l’Erba. Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall’Età, lasciando con un sorriso sereno le cose della Giovinezza. Coltiva la forza dello Spirito per difenderti contro l’improvvisa Sfortuna. Ma non tormentarti con l’Immaginazione. Molte Paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. Tu sei un Figlio dell’Universo, non meno degli Alberi e delle Stelle;
Tu hai diritto ad essere qui.
E, che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l’Universo (…ti si stia…-n.d.r.-) si stia schiudendo come dovrebbe.
Perciò sii in Pace con Dio, comunque Tu lo concepisca, e qualunque siano le tue aspirazioni, conserva la Pace della tua Anima pur nella rumorosa confusione della Vita. Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un Mondo stupendo.
Fai attenzione.
Cerca di essere felice.

Carla:

Sentirmi tacciata di manipolare la terapia e quindi il suo conduttore mi ha ferito profondamente, come un colpo nello stomaco quando proprio non te l’aspetti: conosco bene la manipolazione e proprio mai vorrei esserne parte integrante neanche attivamente.

Purtroppo non è la prima volta che me lo sento dire.

Non voleva essere il mio un maldestro tentativo di scappare da lei e quindi da me stessa, forse solo un ingenuo espediente per alleviare la mente, anche solo per poco, con contenuti più leggeri e di ben altra natura idonei comunque a donarmi un po’ di benessere, anche effimero. ;Volevo darmi il tempo di capire e recuperare le energie, questo percorso ha già smosso più di quanto potessi immaginare e desiderare ed ora devo apprendere dove mi ha portato lo smottamento in particolare di queste ultime sedute.

Non avevo dato un significato specifico alla cadenza degli incontri.

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… La metafora dell’autobus e del tour è molto efficace e pertinente, anche se a me piace pensare più ad una corriera di campagna, lenta e rumorosa, che attraversa le tappe del viaggio passando tra paesaggi aridi ed inesplorati, talvolta scomodi ed inquietanti, ma presenti e vivi. Io avevo scelto un preciso itinerario, indicando la stazione di partenza e quella di arrivo, ma questo autista va dove non gli ho chiesto di andare e lo fa con disinvoltura e fermezza ed è vero con un sorrisetto snervante quasi ironico ed irriverente che alterna ad altrettanti snervanti silenzi, con l’atteggiamento di chi sa già cosa vedrò.

Mi angoscia e mi turba questo viaggio. Eppure non scendo dal mezzo, per ora.

99 commenti su “Racconta la tua psicoterapia”

  1. Perdonate la telecronaca :-). La risposta alla domanda di cui sotto e’: “non e’ poi cosi male”. Perche’ indipendentemente da cio’ che trovi, cercare risposte rende liberi. Ed e’ la sensazione piu’ vicina alla felicita’ che io conosco. E stamani c’e’ anche il sole!.

  2. Noi siamo cio’ che mangiamo? Ma anche no. Noi siamo piuttosto cio’ che scambiamo. Auguri (in ritardo) a tutti.

  3. Gentile Dottor Bartalini,

    un pò più di anno fa finiva il nostro lavoro insieme e quante cose da allora sono cambiate anche se, come dicevamo sempre, sembra all’apparenza non essere cambiato nulla.
    Nell’ultimo incontro, Le promisi che Le avrei fatto sapere che ne sarebbe stato di me. Tante volte avrei voluto scriverLe, ma alla fine non ci riuscivo mai e forse non è un caso che abbia scelto proprio il giorno di Natale, di morte e di rinascita, per farlo. Come Le anticipai nell’sms di auguri di qualche giorno fa, nessuno ci mette delle indicazioni da seguire di fronte ai grandi bivi ed alle grandi scelte della vita. Spesso in quest’anno, senza il sostegno della sua presenza “terapeutica e rassicurante”, mi sono guardata indietro con rimpianto e venivo assalita da una paura pazzesca, perché, si sa, dopo l’iniziale ebbrezza ed entusiasmo per l’aver imparato i primi rudimenti teorici del volo, ci si accorge di colpo di doversi misurare da soli nella vita di tutti i giorni con i venti e con le correnti ascensionali e discensionali e, a dirLe la verità, mi sono trovata davvero spiazzata.
    Le confesso che la tentazione di ritornare a ricorrere al suo aiuto in certi periodi è stato davvero forte, ma ho sempre resistito: dentro di me sapevo che era la via più semplice, il rifugio sicuro dove era lecito nascondermi per fermare il tempo ed avere l’ennesima scusa per non crescere. E così, anche con le gambe un pò tremolanti, ho cominciato a camminare e ad andare avanti un passo dopo l’altro ed ancora oggi continuo.
    Durante l’esperienza di psicoterapia con Lei, credevo che la cosa più importante che avevo imparato fosse quella di non aver più paura, beh in realtà mi sbagliavo, perché la cosa più importante che ho fatto mia è stata quella di sviluppare la capacità di guardarmi dentro per trovare via via le risposte di cui avevo bisogno con il coraggio di non mentire più a me stessa e di accettarmi nella mia umanità imperfetta, senza vergognarmene più.
    Ho capito che per essere grandi è necessario cadere sette volte e poi rialzarsi otto, non piangere sui propri errori o sul proprio passato, perché il tempo è ormai andato, ma solo continuare a provare tutte le soluzioni possibili fino a trovare la strada che porta al compimento della propria felicità. Lei mi ha insegnato a seguire anche il mio cuore e non solo la mia testa, perché nel cuore c’è ciò che sei, mentre nella testa c’è ciò che gli altri vogliono che tu sia, chi la società ti insegna ad essere.
    Al giorno d’oggi, posso dirLe con orgoglio che non indosso più nessuna maschera, ma solo la mia faccia.Ci ho messo tempo, ma la vita ha dei tempi di evoluzione ben precisi, che spesso non coincidono con quelli che vorremmo.
    Come avrà sentito dai telegiornali, finalmente G. è stato arrestato nel mese di giugno e con questo è terminata una lunga epoca della mia vita e di quella della mia famiglia, siamo giunti all’epilogo di una storia che è stata lunga,triste e dolorosa, ma che ci ha anche insegnato tanto: essere sé stessi ha sempre un prezzo alto a questo mondo, ma pagarlo ne vale la pena se la ricompensa è quella di mantenere intatta la propria integrità, la propria onestà e la propria umanità. La cosa sorprendente è che, tirando le somme, il finale di questa vicenda è senz’altro sorprendentemente un happy end: il bene vince su tutto, caro Dottore, ci mette tempo, ma vince ed anche il drago che sembrava immortale è stato infine sconfitto.Chi fa del male al prossimo ha sempre un problema con sé stesso e vive un’esistenza senza significato, il signor G. per sua sfortuna porta sulle spalle questo gravoso peso, ora ha due anni e 10 mesi di arresti domiciliari per fare i conti con la sua coscienza, per affrontare tutti i suoi demoni. Essendoci passata, posso solo augurare a quest’uomo “buona fortuna”, perché accettarsi nella propria fallibilità e nella propria miseria morale non è facile per nessuno, soprattutto per chi non ha l’umiltà di rimettersi in discussione ed un ego smisurato.
    Parlando di altro, per quanto riguarda il mio percorso, ho scelto di tentare la strada di una professione che mi porti ad essere utile agli altri ed al momento ho appena cominciato a frequentare un master in sviluppo delle risorse umane a Pisa (non abbandonando il progetto di un’eventuale partenza all’estero).
    Con questa email finisce la fase 1 e comincia la fase due, quella che ancora aspetta di essere scritta. Le racconto tutto questo, perché del mio successo è in parte merito anche del lavoro fatto con Lei e prima di proseguire per la mia strada,mi pareva doveroso fermarmi un attimo per dirLe questo: GRAZIE! Spero di non averLa annoiata troppo.
    Le auguro ancora un Buon Natale e Le porgo i miei più cordiali saluti.
    Con stima.

  4. Ci vuole una certa dose di coraggio nell’affrontare le proprie paure. La sensazione piu’ bella non e’ sconfiggere le paure, ma la dose di coraggio che dopo senti e’ rimasta con te.

  5. Buongiorno
    Resta un po’ difficile spiegare quello che è successo,ma “l autista del bus ha parlato”….è la reazione è stata piuttosto forte,un po’ come se mi avessero dato due pugni in faccia.
    Però la cosa buona è che non sono caduto.
    Una cosa la posso dire con il cuore,chi vede da fuori entrare una persona in terapia si domanda,ma di cosa parleranno?
    Quanto tempo ci vuole per risolvere un disagio? Ecc
    A me sono serviti due anni per poter essere pronto a “reggere” una semplice frase,quasi banale.
    “Io ho prenotato la discesa alla prossima fermata” però vi faccio un grosso In bocca al lupo a tutti e vi esorto a non mollare,a saper aspettare il momento giusto,tanto prima o poi “l autista del bus ” parlerà anche a voi,ma solo quando sarete pronti a reggere due pugni in faccia senza cadere.
    Saluti Federico

  6. Buongiorno
    stamani mentre sono sul divano con mia figlia ripenso a com’è stata la mia carriera sportiva.
    Sono stato sempre alla ricerca del di più, non ho mai accettato quello che avevo.
    La cosa che però più mi fa sorridere è che ho sempre cercato di apparire, di essere accettato, di piacere.
    In questi giorni alcuni eventi hanno evidenziato che questo mio atteggiamento questa mia necessità sta sparendo.
    Federico pensa solo per se e chi ha dei problemi si arrangia, almeno che non chieda il mio aiuto.
    Non posso continuare a vivere cercando di salvare tutti i figli di genitori separati o le mamme depresse.
    Saluti Federico

  7. Oggi al lavoro e’ stato uno di quei giorni direi strani. Parti in quarta pensando di fare delle cose e pero’ hai la sensazione che stranamente non raccogli quanto stai seminando. Man mano che le ore passano senti che la sensazione di vuoto si fa concreta e che nonostante tu cerchi di chiudere cose e andare avanti non ci riesci. O almeno questa e’ la sensazione che ne deriva. Non e’ che abbia fatto volutamente meno del solito. In alcuni momenti mi son lasciato andare e trasportare per vedere dove la deriva mi avrebbe portato. Per poi dare qualche colpo di coda ma sempre con il medesimo risultato, ai miei occhi. Ho fatto telefonate, scritto email, camminato fra palazzo e palazzo… ma niente. Alla fine della giornata lavorativa se dovessi dire che qualcosa era in uno stato diverso da quello in cui si trovava venerdi, direi una bugia. Ho anche litigato. Urlato. Mi sono sentito forte, e poi debole. Ho pensato a come mi sentivo e a come si sentivano gli altri. Alle sfaccettature, ai modi di reagire e agli stati d’animo. Alla fine, da una giornatadi lavoro, ci sono uscite una marea di cose. Che sono importanti, ma che – alcune – lasciano anche il tempo che trovano. Mi sembra pero’ che una parte di queste mi siano scivolate addosso. In fin dei conti domani si rincomincia.

  8. Gentile dott. Bartalini,
    ho la sensazione che questa mia mail non le giungerà poi troppo inaspettata. Le scrivo fondamentalmente per dirle che non verrò più, che non ci riesco. Forse non è il momento adatto per me per intraprendere un percorso che, certo, come ha detto lei, sarebbe emozionante, forse, per certi versi, anche necessario, ma per me troppo impegnativo, almeno adesso. “Anna lo sa e se non lo sa va bene anche che non lo sappia”. Lo ha detto lei. Immagino che si riferisse a ben altro, ma questo vale anche nella mia valutazione di quelle che potrebbero essere le mie capacità di affrontare un percorso di questo tipo. Ciò che qualche suo paziente le ha detto è maledettamente vero: si finisce per abituarsi ai propri dolori, ai propri fantasmi, alle proprie fobie; si finisce col trovare un equilibrio, forse per puro istinto di sopravvivenza, anche in mezzo a questioni irrisolte e fallimenti, e talvolta, quell’equilibrio, così contorto e fragile, diventa la realtà che ci è più nota e assurdamente quindi quella in cui ci sentiamo più sicuri. Entrare all’interno delle mura della propria anima, scavare là dove c’è più buio e confusione, decidere di guardare quello che si è accuratamente messo in un angolo, ammettere a se stessi di aver bisogno di farlo e affidarsi a qualcuno che in questo ci faccia da guida, avere il coraggio di mettere da parte le nostre regole irremovibili, quelle storie che ci siamo raccontati solo per non dover ascoltare l’alternativa o solo per poter credere di avere una giustificazione cui aggrapparsi per rimandare tutto ad un domani imprecisato, ecco, tutto questo è possibile che talvolta diventi necessario, o quanto meno è probabilmente l’unico percorso sensato da tentare nel momento in cui la nostra mente e la nostra sensibilità si ribellano al nostro nascondere e fingere, colpendoci con armi contro le quali non c’è bugia o illusione da potersi raccontare per non vederle. Parlare con lei mi ha aiutata a capire questo ed anche a lasciarmi cadere dalle mani gran parte dei miei piccoli punti presi da cui la diffidenza coltivata in me negli anni verso figure professionali come la sua. Ho capito quale dovrebbe essere il percorso o almeno l’ho intuito, certo non posso descriverlo nei dettagli né posso prevederne i movimenti precisi, ma credo di averne individuato le tappe e la natura. E tuttavia, questa comprensione, pur essendo probabilmente un primo passo, non è abbastanza. Oltre alla comprensione, è necessaria la volontà di provare ad intraprendere ciò che si è compreso, ed io adesso non ce l’ho. E’ un poco come se avessi accumulato polvere sotto i tappeti, sempre di più, in modo da non doverla togliere, facendola accumulare ogni giorno e ogni anno, rendendola invisibile a tutti e fermandomi solo ogni tanto da sola a guardarla da sopra il tappeto, sentendone il fastidio sotto i piedi ma credendo di poter continuare a gestirla mantenendola lì, forse con la prospettiva di farci col tempo l’abitudine tanto da dimenticarla, o forse sperando assurdamente di svegliarmi un giorno e non trovarla più. Improvvisamente però è come se questa polvere fosse diventata troppa, come se avesse cominciato ad uscire da qualche lato, imponendomi di guardarla o di certo rendendomi sempre più difficile fingere di essermene scordata. E’ per questo che l’ho cercata, perché immagino che lei dovrebbe essere la persona che non alza il tappeto e pulisce, no, quello immagino di doverlo fare io, ma semplicemente quella che seduta di fronte a me mi aiuta a capire che quel tappeto lo posso alzare; quella persona che dovrebbe lasciarmi fare da sola, guidandomi senza impormi, facendomi capire senza volermi trasmettere verità incontrovertibili, mostrando alla mia mente con le sue stesse armi di poter essere capace di fare altro. Tutto ciò ha una sua innegabile bellezza ma, come immaginerà, suscita anche un’innegabile paura, una paura per me paralizzante, che appunto mi porta a dire che ci ho provato, che per un istante l’ho davvero voluto, ma che al momento non sono in grado di affrontarla, perché priva di quella che credo invece sia la disposizione d’animo necessaria per una buona riuscita. Sa, da un tempo imprecisato mi sento come se vivessi una doppia vita: una esterna, legata all’immagine di una ragazza normalissima che con i suoi tempi e i suoi modi studia e lavora, che si mostra, come qualcuno mi ha detto, molto equilibrata e pacata e che appare fondamentalmente serena e semplice; e una interna, solo mia, che amo e odio allo stesso tempo, molto più rumorosa ed instabile, che non riesco a nascondere o a nascondermi e che mi parla quando resto sola e chiudo la porta lasciando fuori il resto. Quest’ultima dimensione prende le forme di un’esistenza piena di fantasmi e di contraddizioni, di sogni devastati e di progetti irrealizzabili a cui utopisticamente non riesce del tutto a rinunciare , un’esistenza un po’ prigioniera di se stessa e dei suoi pensieri, pensieri che a volte odia ma di cui è morbosamente gelosa. Ci sono periodi vuoti, in cui questa parte di me rimane in silenzio, quasi che non ci fosse, poi però tutto torna sempre e quando torna ogni volta c’è più disincanto e freddezza nel mio modo di rapportarmici. La ascolto e la lascio parlare, facendo sempre più fatica a seguirne la complessità e pensando che rimarrà sempre uguale a se stessa perché io non ho abbastanza forza per convincerla di qualcosa di diverso. Guardo il suo disordine e penso che porvi rimedio sia un’impresa troppo faticosa per me, guardo la sua frustrazione e non riesco a trovare stimoli per consolarla, c’è solo una grande delusione mista ad impotenza e a stanchezza. E’ lì che per un istante mi capita di pensare con disarmante freddezza che se tutto finisse, in fondo, non verrebbe a mancarmi niente, il che però è anche ciò che superficialmente mi porta sempre a far rimanere il tutto nelle vesti solo di un pensiero di passaggio. Che io faccia o distrugga, che io sogni qualcosa per raggiungerlo o solo per sognarlo e che ciò mi provochi gioia, dolore o frustrazione, che io realizzi o meno qualcosa di profondamente mio, che io parli parli parli con me stessa o che rimanga in silenzio, tutto scorre comunque, e per renderlo accettabile mi pare sempre più spesso che possa essere sufficiente una semplice apparenza. E ora mi accorgo che questa sensazione non solo resta, ma mi risulta in fondo più forte anche di quello che mi ha spinto a cercarla. Forse si starà chiedendo il perché di una mail tanto lunga per dire una cosa tanto breve, forse si starà chiedendo se tutto questo lo stia dicendo più a lei o a me, se sia una spiegazione o una giustificazione, se sia fine a se stessa o meno…non saprei dire, diciamo solo che nella nostra prima seduta lei mi ha detto che potevo scriverle i miei pensieri, pensieri cui non avrebbe dato risposta ma che avrebbe letto e che poi avremmo analizzato insieme, ecco, diciamo allora che è una manifestazione di pensieri, cui non farà seguito alcuna analisi, ma che mi concedo, approfittando forse un po’ del suo ruolo e della sua attenzione, anche per poter scrivere di cose di cui altrimenti difficilmente potrei parlare. La ringrazio quindi per il tempo che mi ha dedicato, nelle nostre due sedute ed ora nel leggermi.
    Anna

  9. Buongiorno
    nel leggere il mio precedente commento mi sono reso conto che preso dalla furia di esprimere la mia emozione ho fatto un po di confusione.
    Il fatto è che vedere la scritta Carla mi ha emozionato, e in preda a un pianto , mentre ero a tavola con mia mamma ho scritto e sono scappato.
    Beh oggi sono più sereno e voglio fare i miei complimenti a Carla.
    Brava nonostante le difficoltà sei ancora qua…
    Saluti Federico

  10. Buongiorno
    sono dell’ avviso che chi riesce a non scendere dal bus arriverà all’ arringa finale fatta da Enrico.
    E sono sempre più convinto che chi si trova qua e ha il coraggio di farsi sentire meriti solo il meglio, perché predisposto a poter essere giudicato.
    Un appunto vorrei farlo a Carla.
    Ho l’ impressione che il tuo ritorno sul blog ci di nuovo illuminati…sia io che Enrico
    coraggio Carla coraggio
    Saluti Federico

  11. Leggendovi e ripensando un po’ a tutto, a me viene in mente un direttore d’orchestra. Inizialmente è solo e si mette a suonare uno strumento. Non è né un fenomeno né eccessivamente malvagio: ottiene un onesto successo e inevitabili delusioni; come tutti. Tuttavia le critiche lo abbattono più di quanto lo rinforzino i successi. Attribuisce il motivo del suo insuccesso a un grande burattinaio che  – chissà dove e chissà come… e, soprattutto, perché – gli mette sempre il bastone tra le ruote.
    Cerca di imparare l’arte dell’ottimismo; affidarsi agli aforismi, alla spiritualità, alle massime, ai proverbi. Ma lo sa, lo sente: è solo superstizione, secondo lui. Non c’è apparente via d’uscita.
    È ormai convinto che nella vita ci siano persone meritevoli e persone non meritevoli; di salute, di successo, di tutto insomma. E lui non è destinato ad alcun merito. Non capisce il perché. È arrabbiato e frustrato. Continua a cercare un perché che non trova mai è una soluzione che stia in piedi ma nulla; non c’è modo di levarci le gambe e di trovare un asseto, un ritmo, una frequenza in cui riconoscersi e procedere modestamente e dignitosamente. Arriva a credere che anche la sua dignità sia destinata a non esistere.
    Poi trova un violinista, un’arpa, percussioni, un’altra violinista; si rimbocca le maniche, smette di suonare da solo e comincia a dirigere. Non si occupa solo di quello: cerca contatti, luoghi e occasioni per promuovere la sua orchestra. Si mette sul mercato. L’orchestra si rinforza, funziona. Poi vede che i suoi sforzi creano risultati e anche legami tra i musicisti. È soddisfatto.
    Lentamente si convince di aver trovato un sistema, una struttura, e forse – nascosto tra i rovi – un possibile perché. Adesso è eccessivamente soddisfatto. Crede di aver finalmente domato il drago del burattinaio. Crede di essere passato tra i meritevoli e di essere potente come un supereroe.
    Poi un giorno, suonando all’aperto con l’orchestra, un terribile uragano devasta strumenti e musicisti. L’orchestra non c’è più.
    Si ritrova punto e accapo e da solo. È arrabbiato. Crede di nuovo nel burattinaio. Ha perso la speranza; ma non si può arrendere. Non perché sia particolarmente valoroso o coraggioso ma solo perché deve farlo: pura, mera, semplice… sopravvivenza.
    Passa altro tempo. Cambia strumento. Trova altri insuccessi e qualche soddisfazione; poca cosa ma va avanti ancora. Si ripete “quando cadi riconosci chi sono i tuoi amici; quando ti rialzi, i tuoi amici vedranno chi sei”. Ma c’è ancora rabbia in lui. Rabbia e istinto di sopravvivenza. La forza della rabbia lo rende forte; non in assoluto ma solo in questo momento particolare del suo cammino. Quella forza ha un fascino e attira l’attenzione. Qualcuno si avvicina e riconosce, in quel modo di fare,  -o crede di riconoscere in lui- poteri sovrannaturali. All’improvviso si trova intorno una nuova orchestra: strumenti e persone diverse. Tutto funziona. Gli strumenti suonano, i suonatori sono diventati come una famiglia. Il drago è sparito. Ma lui adesso lo sa: è tutto dovuto alla rabbia. Non a sue particolari qualità o capacità. Questo pensa. E non ci riesce proprio a non essere ipercritico nei suoi stessi confronti.
    Un giorno gli succede di essere investito. Fratture ovunque. Deve fermarsi. Curarsi. Riprendere le forze. Succede, così, che la nuova orchestra si disperda. Quando lui è in grado di camminare si ritrova di nuovo da solo. Punto e -di nuovo- d’accapo.
    Adesso è sfinito. Non ha più la forza di ricominciare. Non ha più la forza per niente:  di essere arrabbiato, deluso, ipercritico, di sentirsi immeritevole, diverso, non dignitoso. La sua dignità si fa sentire: gli esplode dentro all’improvviso; gli dice che gli strumenti che dirigeva non erano reali. Erano dentro di lui. La musica che produceva era tutta roba sua.
    Capisce che non c’è cosa o combinazione di eventi, positivi o negativi che siano in grado di elevarlo all’Olimpo delle divinità o condannarlo agl’inferi; capisce e ed felice quando si accorge che niente può abbatterlo più. Non ci sono persone che siano fondamentali per lui; o parole, frasi, atteggiamenti altrui, che incidano -nel bene e nel male- sul suo valore assoluto di individuo.
    Tira una riga. Fa un bilancio. Cosa risulta?
    Che volente o nolente, non si è arreso. Che effettivamente ha avuto qualità riconosciute e anche commesso errori che hanno fatto clamore ma di tutto questo, adesso, non gli importa più niente. Vede che, tutto sommato, in tutto questo tempo ha cercato solo di sopravvivere. Come tanti; e sempre con rispetto per gli altri, ma forse troppo poco per lui stesso.
    Adesso basta. È diventato impermeabile, refrattario, forse egoista, forse insensibile, forse immune, ma va bene così.
    Basta cercare: adesso sa che è quello che si merita che verrà a cercare lui.
    Basta sopravvivere.
    Adesso, e fino al capolinea… è il momento di vivere.
    Cari saluti.

  12. Buongiorno
    oggi avevo deciso di scrivere quello che mi è successo in settimana, e senza volerlo riguarda un po le ultime riflessioni di Fabrizio e Carla.
    In passato mi sono trovato per tanto tempo, forse troppo, a farmi delle “seghe mentali”, intrappolato in schemi tramandati da mia mamma e obbligato a vivere con sensi di colpa. Adesso che sono libero, la vita è più semplice e più bella. In settimana però ho preso un cazzotto nello stomaco che mi ha lasciato senza fiato, e mi ha fatto provare tanta rabbia. Stamani davanti al Doc il fiato l ho ritrovato, sono entrato in studio e subito li ho raccontato l episodio accaduto. Come per incanto è sparito tutto ed è tornato il sereno.
    Tutto questo come testimonianza di quanto scritto fra le righe da Fabrizio e Carla.
    Un abbraccio Federico

  13. Le cose migliori per me sono quelle che mi emozionano.
    Se provo ad immaginare una maglietta blu mi viene da pensare ad una generica t-shirt di cotone che solitamente viene utilizzata nelle strategiche ed acute operazioni di merchandising di piccole imprese a conduzione familiare, dove il brillante direttore del marketing decide di promuovere la sua offerta commerciale facendo stampare dall’amico tipografo una semplice scritta su di una semplice maglietta di un unico colore magari blu. Le taglie partono da una XL fino a svariate XXX così vanno bene a tutti.
    Quando la ricevi in dono pensi che magari prima di farla sparire la puoi usare per andare a lavare la macchina, tagliare l’erba, andare a correre; a me viene da pensare di trasformarla in straccetti per spolverare!
    Già J. Gray ha teorizzato che “gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere” quindi non svelo niente di nuovo, ma nemmeno una maglietta blu è semplice: puoi comprare una polo, un lupetto, un dolce vita, uno scollo a V (alto o basso), un girocollo, pure una t-shirt, di cotone, di lana (merino, cashmere…), sportiva, casual, formale, sintetica o tecnica; blu? blu notte, blu cobalto, blu navy, blu tiffany, blu elettrico. Questo solo per avere un’idea prima dell’acquisto. Poi subentra lo stile…
    E se per comprare “una semplice maglietta blu” penso a questo puoi immaginare, Fabrizio, quando invece voglio acquistare un vestito strepitoso per una determinata occasione d’uso, senza trascurare scarpe borsa accessori e il commento delle “care e disinteressate amiche” quando lo vedranno.
    Eppure è così semplice scegliere quando qualcosa ti emoziona!
    Quando riesci ad emozionarti.
    Quando ti concedi di emozionarti, scevro da sensi di colpa e sovrastrutture mentali.
    E non solo per fare acquisti.

  14. Ho sempre pensato che le cose migliori fossero le piu’ semplici. Un vestito, per esempio, perche’ mi piaccia ha da essere semplice. Un colore, due. Oppure nel caso di una maglietta, blu, o anche di un’altro colore, ma senza scritte. Magari una, ma non troppo grande. Un concetto, la stessa cosa piu’ o meno. Poi in realta’ le cose vanno un po’ diversamente. Ed e’ bello cosi direi. Ora pero’ non avevo sperimentato, almeno non troppo, che trattenere il bello ed il brutto non serve. Ma sopratutto e’ direi deleterio. Dannoso. Il dolore raffermo genera rabbia, e la rabbia che non sfoghi si trasforma in frustrazione. Ultimamente mi sono accorto che bello e brutto, gioia e dolore mi appartengono. Ci appartengono. Abbiamo un cuore e un cervello. E funzionano, generano; che piaccia o no. Reazioni come sentirsi deboli davanti a un insuccesso o giudicati o inadeguati fanno parte di noi, come esseri umani. Di me. Sebbene sia naturale lo stato d’animo il punto e’ che si merita sempre una reazione. Non foss’altro perche’ e’ la nostra. Ed il solo fatto di reagire, sia attraverso un modo opportuno, o, meno opportuno, fa si che si vada avanti. Che si sfoghi la rabbia. In sostanza, la faccenda, diventa poi aggiustare il tiro.

  15. Un po’ di anni fa mi ricordo che girando per il centro si incontravano ai banchetti della domenica dei quadri. Erano astratti. Un’accozzaglia di colori e forme che se ti fermavi a guardarle non riuscivi a capire cosa rappresentassero. Se ti soffermavi e allontanavi lo sguardo capitava – talvolta – di riuscire a vedere la forma che era in loro. Dopo un po’ di tempo che eri impalato e fermo li davanti. E magari chi passava si chiedeva che cosa stavi facendo. La forma, non era affatto astratta. Si trattava di capire come guardare. Una volta trovata, distinta, restava la. Chiara. E mentre ti chiedevi come non avevi potuto vederla prima, avvicinavi e allontanavi lo sguardo per perderla e poi ritrovarla. A me sta succedendo piu o meno la stessa cosa. Anche se non sono in giro. E anche se non e’ domenica. A volte i legami, le coincidenze e le strade portano chissa’ dove.

  16. Buongiorno
    Sinceramente è da un po’ che non scrivo e spesso avrei voluto aggiornare le mie emozioni e il mio stato d animo. Oggi però è un giorno brutto,mi hanno detto che un ragazzo che conoscevo è venuto a mancare. Quindi vi chiederete come mai proprio oggi ho deciso di scrivere. Perché Federico ha reagito come al solito,freddo distaccato quasi come se la cosa non lo toccasse. E adesso che sono solo in casa butto fuori tutto il mio dolore. Del resto questo modo di fare mi ha sempre accompagnato. Ma prima o poi con la coscienza dobbiamo farci i conti. E può far finta di essere forte quanto vuole,di essere impermeabile ai fattori esterni,ma tanto poi ci si picchia i denti.
    Ciao Fabio….

    Saluti Federico

  17. La curisita’ e’ il seme per la felicita’. Da sola chiaramente non basta. Un po’ di coraggio puo’ far da terreno fertile e nutrimento. Questo permette di guardare non solo dentro se stessi, ma anche fuori di se. Guardare fuori senza essersi guardati prima dentro non e’ pero’ proprio la stessa cosa. Ed e’ tutta una questione di tempi. Dentro e fuori, fuori e dentro; ma aggiustare il tiro e’ una dote che si impara esercitando. Come tutto il resto. Non e’ detto che sia facile. Saperlo pero’ permette di attrezzarsi. E tenere botta quando non ci si riesce. “Vivere e’ qualcosa di piu’ del semplice sforzo di respirare” almeno suonava piu’ o meno cosi’ per Neruda.

  18. Buongiorno
    fa piacere sapere che uno dei “soci fondatori” è sempre stato presente anche se con firme diverse.
    In parte ti posso capire perchè dopo un esigenza iniziale di scrivere e andare a vedere giornalmente il sito c è stata un fase dove non ne ho avuto per niente voglia,per poi riscoprire il piacere di farlo in un secondo momento.
    Quel secondo momento che è iniziato e ha coinciso con ” l’accendersi” delle luci di atterraggio del aereo …
    E’ da ieri mattina che ho desiderio di scrivere,ma prima ho dovuto aspettare di metabolizzare un qualcosa che avevo dentro.
    La settimana scorsa Mister X ha dato l Ok alla sospensione del “doping”,ieri mattina il Doc mi ha fatto dei complimenti,e la seduta è stata particolare,quasi non sapevamo di cosa parlare.
    Ieri pomeriggio è iniziato un mal di testa,una tensione al collo,sfociata dopo cena mentre stavo andando a giocare a calcetto in un pianto fanciullesco,proseguito anche dopo la partita fino a casa.
    Entrato in casa ho avuto l esigenza di svegliare mia moglie che vedendomi immerso nelle lacrime mi chiedeva cosa mi fosse successo.
    Io non riuscivo a parlare,ero bloccato,fino a che singhiozzando mi è uscito un MI E’ MANCATO,MI E’ MANCATO TANTO.
    Si ragazzi mio padre mi è mancato,sono stato veramente male da piccolo.
    E’ difficile accettare quello che mi è successo,del resto ero un bambino come gli altri,un bambino uguale a quel fratello che ieri ha festeggiato 6 anni con lui accanto.
    Quindi mi viene quasi da chiedermi,ma diverso mi ci sento io,o mi ci hanno fatto sentire?
    So che questo è materiale per il Doc,ma io utilizzo questo “bar” per parlare ad Amici,anche se poi parlo a Federico.
    Una precisazione però la devo fare,se prima vivevo guardando solo il passato,adesso vivo il presente e guardo al futuro,anche se vi potrà sembrare strano dopo quello che ho appena scritto.
    C è una differenza abissale in quello che mi succede.
    Il pianto di ieri è stato come liberatore,è stata come un esigenza da parte del mio cuore.
    Prima evitavo di fare perchè avevo paura e mi si generava ansia,adesso quella paura mi si è mostrata,quella paura la conosco,non era altro che quel pianto compulsivo mostratosi ieri.
    Beh oggi magari sono sembrato un po incasinato ai vostri occhi,ma il “Cubo di Rubik” sta riuscendo alla grande!!!!
    Saluti Federico

  19. Buongiorno
    fa piacere sapere che uno dei “soci fondatori” è sempre stato presente anche se con firme diverse.
    In parte ti posso capire perchè dopo un esigenza iniziale di scrivere e andare a vedere giornalmente il sito c è stata un fase dove non ne ho avuto per niente voglia,per poi riscoprire il piacere di farlo in un secondo momento.
    Quel secondo momento che è iniziato e ha coinciso con ” l’accendersi” delle luci di atterraggio del aereo …
    E’ da ieri mattina che ho desiderio di scrivere,ma prima ho dovuto aspettare di metabolizzare un qualcosa che avevo dentro.
    La settimana scorsa Mister X ha dato l Ok alla sospensione del “doping”,ieri mattina il Doc mi ha fatto dei complimenti,e la seduta è stata particolare,quasi non sapevamo di cosa parlare.
    Ieri pomeriggio è iniziato un mal di testa,una tensione al collo,sfociata dopo cena mentre stavo andando a giocare a calcetto in un pianto fanciullesco,proseguito anche dopo la partita fino a casa.
    Entrato in casa ho avuto l esigenza di svegliare mia moglie che vedendomi immerso nelle lacrime mi chiedeva cosa mi fosse successo.
    Io non riuscivo a parlare,ero bloccato,fino a che singhiozzando mi è uscito un MI E’ MANCATO,MI E’ MANCATO TANTO.
    Si ragazzi mio padre mi è mancato,sono stato veramente male da piccolo.
    E’ difficile accettare quello che mi è successo,del resto ero un bambino come gli altri,un bambino uguale a quel fratello che ieri ha festeggiato 6 anni con lui accanto.
    Quindi mi viene quasi da chiedermi,ma diverso mi ci sento io,o mi ci hanno fatto sentire?
    So che questo è materiale per il Doc,ma io utilizzo questo “bar” per parlare ad Amici,anche se poi parlo a Federico.
    Una precisazione però la devo fare,se prima vivevo guardando solo il passato,adesso vivo il presente e guardo al futuro,anche se vi potrà sembrare strano dopo quello che ho appena scritto.
    C è una differenza abissale in quello che mi succede.
    Il pianto di ieri è stato come liberatore,è stata come un esigenza da parte del mio cuore.
    Prima evitavo di fare perchè avevo paura e mi si generava ansia,adesso quella paura mi si è mostrata,quella paura la conosco,non era altro che quel pianto compulsivo mostratosi ieri.
    Beh oggi magari sono sembrato un po incasinato ai vostri occhi,ma il “Cubo di Rubik” sta riuscendo alla grande!!!!
    Saluti Federico

  20. Caro Federico e Cari tutti,

    ci sono: sono sempre stato qui.
    E’ vero – lo ammetto! -, ho diradato le letture e, di conseguenza, anche i miei contributi a questa sezione; ho diradato… ma non interrotto! In questo ultimo periodo ho effettivamente constatato dei cambiamenti dentro di me; anche per quello latitavo: stavo lì a osservare e a cercare di capire se erano segnali positivi, negativi o nulli, e non leggevo e non scrivevo moltissimo. Non ne avevo particolare voglia.
    No, tranquilli, non è questa al notizia del mio raggiungimento della ormai inflazionatissima e fantomatica “consapevolezza” – che, tra l’altro, non ho ancora capito cosa sia – o dell’altrettanto alquanto pubblicizzata aleatoria e truffaldina “pace interiore”, bensì la maturazione di essere stato effettivamente permeato da una materia impercettibile (neologismo nato proprio qua sopra… grazie ad altri illustri latitanti…), ma pur sempre di qualche tipo, che racchiude e riassume tutto il percorso fatto sul bus, fuori dal bus, da solo, con Bartalini, in parte anche scrivendo e leggendo e, potendo, rileggendomi e rileggendovi qua sopra, in tutto questo tempo.
    Ho capito una cosa, strada facendo; non è una gran cosa, perché la cosa è proprio “facendo strada”, però mi piace: a un certo punto il mio Bartalinibus è arrivato in un luogo imprecisato di questa mia fervida immaginazione, ha aperto la porta e da lì è proseguito (non cominciato!) sottoforma di cammino: un cammino di Santiago.
    Io non l’ho mai fatto il cammino di Santiago, ma in un certo senso, lo sto facendo da sempre anche senza accorgermene: l’ho capito solo quando ho trasformato e scomposto gli anni della mia vita in tappe di un cammino che stavo facendo anche senza saperlo.
    Anche quando non avevo ancora affrontato questo tratto, cioè da quando ho iniziato il mio bartalinitour, ho pur fatto cose… Alcune giuste, altre sbagliate, che però, ora, posso andare a recuperare riabilitandone tante o prendendo quelle sbagliate come insegnamenti: chiamiamole strati delle mie lasagne o facce del mio cubo di Rubik ma poco importa. C’è roba buona e roba meno buona ma non è tutto da buttare. Cosi ho potuto constatare di aver cominciato ad aiutarmi anche prima di cominciare il B.tour: adesso, tornandoci sopra, qualcosa che non mi è piaciuto particolarmente di me mi torna anche utile. In un certo senso mi faccio comodo!
    Mi rendo conto che sono ovvietà incredibili ed esposte con un certo disordine e illogicità alquanto soggettiva ma, se Federico mi chiama, io mi sento in dovere di farmi percepire.
    Forse in questo periodo, “vomitando” tutto quello che avevo dentro da una vita, ritornandoci sopra, aggiungendo particolari anche in comode rate e a più riprese, ho ottenuto quello che potrebbe definirsi “cambiare il passato”. In realtà non è cambiato un cavolo ma ho cambiato io il mio modo di guardarlo: meno polemico; più tollerante. Più varie altre cose che ora neanche mi vengono in mente ma tanto non è questa la loro sede d’elezione.
    Ecco perché mi sono affezionato al Cammino in senso lato. Poi, siccome mi piaceva parecchio l’immagine, ho dato al sottoscritto un nome che racchiudeva in sé la soddisfazione di aver trovato un metodo mio (itinerante) e la percezione impercettibile di un cambiamento interno; quindi Enrico è rimasto Enrico ma l’ho soprannominato Santiago. Ma è sempre Enrico! …ci mancherebbe altro…
    Chi ha seguito le primissime puntate di “cento vetrine” avrà letto le “interessantissime” vicissitudini di un tipo di nome “Senzanome”. Cosa importa se adesso si firma Senzanome, Santiago oppure Enrico? Era sempre il solito. E’ sempre il solito. Sarà sempre il solito. Magari un po’ revisionato e… No! Corretto, è sempre stato corretto; a volte anche troppo…

    Con affetto,
    Enrico

  21. Per capire come siam fatti, come pensiamo e ci comportiamo, c’e’ da passare attraverso la domanda giusto o sbagliato e superarla. In poche parole: sperimentare, ma togliendosi il camice bianco, oppure, tenendoselo in dosso – senza aver paura di sporcarlo. E forse e’ anche meglio. Superare quella domanda comporta accettare di avere parti che non ci piacciono e, che poi e’ la stessa cosa, essere pronti ad accettare la vita vera. Ad accettare di poter rapportarsi a persone che hanno parti belle e meno belle. Se siamo troppo innamorati di noi stessi questo non succede, o forse, succede di rado. Si rischia infatti di rinchiudersi in se stessi e poi a un certo punto di ribellarsi per il tempo buttato. Oppure di vivere compiacendo chi ci sta accanto, ingannandolo, e quindi tornare ancora a ribellarsi quando realizziamo che cio’ che ci sta attorno, sopra, sotto o di fianco, e’ frutto di un’ immagine che non ci appartiene. Come sembra, si, e’ un circolo chiuso. L” unico modo per uscirne, credo sia avere un po’ di coraggio e gettare quei dadi per vedere che esce e per fare tutto questo basta iniziare a volersi bene. Anche non troppo. Quel tanto che basta per partire. Il resto lo fara’ il tempo, la fiducia in se stessi, un po’ di fortuna e chissa’ cos’altro… ma basta saper aspettare. Buonanotte.

  22. Buongiorno
    Oggi è un giorno importante,ho la vista per cominciare a togliere il doping.
    Mi sono preso un giorno di ferie per pensare bene a cosa dire,a cosa raccontare del mio percorso,per cercare di essere più” guarito possibile”….
    Sorrido adesso nel leggere cosa ho appena scritto,dovrei cancellarlo e invece lo voglio pubblicare lo stesso,consapevole che è sbagliato,che dovrò essere più naturale possibile perchè a Mister X basterà semplicemente guardarmi negli occhi per vedere dei progressi fatti e capire cosa ancora manca.
    Sul cosa mi manca piano piano mi ci sto abituando anche io al idea,del resto non ho proprio voglia di lasciare lo status mentale del ” diverso” dagli altri,ma per stare finalmente meglio lo dovrò fare.
    Del resto il ricatto mentale con il quale ho manovrato le persone mi è evidente,soprattutto mia mamma.
    Sarebbe arrivato il momento di smettere,anche se ripeto non è semplice,ma sennò che ci sto a fare sul bus….
    Ieri sera stavo cenando con la mia famiglia in armonia,ad un certo punto mi sono imbruttito e ho assunto un atteggiamento sbagliato quando mia moglie mi ha raccontato di un ragazzo che è cresciuto con il padre in un altra nazione e nonostante tutto è un bravo ragazzo.
    Stamani mi è chiaro il mio atteggiamento di ieri sera,in quel frangente io non ero l unico,ma anzi venivo sminuito.Tutto questo solo nella mia testa perchè lei manco stava pensando ad un parallelismo fra lui e me.
    Beh spero che almeno cominciare ad ammetterlo possa essere un buon inizio.
    Io non sono ne meglio ne peggio di tanti altri,quello che mi è successo è passato e non può condizionare ogni cosa che succede oggi.
    Non posso dar colpa di tutto a mia mamma,se piove se c è il sole,ecc
    Lei per me ha solo colpa di non aver lottato per far si che mio padre si prendesse le sue responsabilità di padre,facendo si che io crescessi con un vuoto dentro.
    Beh adesso come dice Rudy Garcia,ho rimesso la chiesa al centro del paese,quindi capitolo chiuso.
    Via giù un altra puntata di Centro Vetrine l ho scritta
    Saluti a tutti

    PS: Enrico ma che fine hai fatto,ti si è rotto il Computer?

  23. Guardarsi dentro ha un che del cubo di Rubik… quell’arnese con tante facce colorate che va rimesso apposto facendo in modo che alla fine ogni faccia grande sia fatta da tante piccole dello stesso colore. Inizi a guardarti dentro perche’ la faccia grande ha tutti colori diversi e tu invece vuoi che le piccole combacino tutte. Poi scopri, piano piano, che sei vicino alla soluzione… ma facendo un piccolo giro, che pensavi fosse risolutivo, va tutto a ramengo e, finita la rotazione, ti ritrovi con i colori messi peggio che prima. Poi continui, cercando un metodo, buttando il cubo o fermandoti quello che serve e, un giorno, riprendendolo in mano ruoti. La prima volta, giusto per iniziare, e vedi che le facce sono tutte rossa… verde… blu… e bianca. E allora senza fermarti… fai dieci rotazioni e rimetti tutto in discussione. Ma solo per continuare a giocare…

  24. Ho ripensato anch’io alle parole di S. Forse non ho nemmeno fatto lo sforzo di pensarci: in questi giorni mi venivano a trovare loro, di tanto in tanto. Stanotte poi ho fatto un sogno: ero seduto in una piazza accanto a Paolo Bartalini; eravamo su due sedie a sdraio e parlavamo delle nostre cose, senza un’apparente direzione ma con una evidente funzione e utilità. Ripercorrevo il mio trascorso. Mi osservavo come si osserva un terzo: si individuano pregi e difetti, meriti e demeriti, errori e successi.
    Poi tornavo indietro nel tempo. Vecchi 45 giri in vinile. Quelli di quando sei bambino.
    Poi in avanti. Mi chiedevo se mi fossi autoimposto di omologarmi a protocolli, persone alle quali pensavo di dover somigliare, modi di esistere da adottare. Non mi vedevo felice e mi rendevo conto che lo avevo accettato: non volevo sentirmi in colpa per una felicità che credevo di non meritare.
    Oggi ho detto “no!” a una persona a cui, meno di un anno fa, avrei detto “SI!”.
    Oggi mi sono sentito addosso una sensazione nuova. Strana. Diversa.
    Mi sono reso conto di essere, e, più che altro, di sentirmi… libero.
    Lo sono sempre stato, in realtà, ma non volevo accorgermene.

  25. Resilienza. C’è quella per grazia ricevuta: talento naturale. C’è quella appresa: conquistata e poi gelosamente protetta sul campo di battaglia, giorno… dopo giorno… dopo giorno… Non importa quale sia la sua origine: l’importante è averla nella borsa degli attrezzi.

  26. Buongiorno
    L altro giorno il Doc mi ha fatto leggere la frase di S.
    Inizialmente l abbiamo commentata,ma non mi ha colpito come ha fatto stamani. Evidentemente ho avuto il bisogno di metabolizzarla a livello di incoscio…
    È da giovedi sera che mi dedico a me e alla mia famiglia,felice di farlo,ma con un peso sul petto che ogni giorno cresce sempre di più. Il tutto perchè? Perchè mi sento cattivo,sbagliato,sto facendo qualcosa di male,sto ferendo mia mamma.
    Ora agli occhi di un estraneo potrà sembrare esagerato,ma è il fardello che mi porto dietro da tanto tempo,troppo. È il motivo principale per il quale ad un certo punto della mia vita mi sono bloccato. Ora il solo dirlo mi solleva e di molto dal ansia .
    Federico

  27. Le giornate come oggi ti fanno capire che non e’ il caso di farsi il “riportino”. A meno che tu non voglia restare rinchiuso in casa. RelaaaaaaaaaaaaaaaX.

  28. Ciao a tutti. In particolare a Carla. E benvenuto a Santiago.
    Andiamo avanti, amici cari.
    Qualcuno dice che ovunque si vada non c’è posto dove star bene, se prima non si sta bene con se stessi.
    Però però… non esageriamo.
    Seduto a un baretto del Cebreiro a bere un bichiere d’acqua fresca dopo qualche ora di cammino, qualcuno sta meglio che altrove.
    Insomma, anche il luogo vuole la sua parte.
    Le gambe le abbiamo per muoverci. Per la stessa ragione abbiamo biciclette, automobili, e autobus. O no?
    Leggendovi trovo la conferma che questo tour sia stato e sia di beneficio a tutti.
    Per me uno dei momenti più significativi è stata una considerazione per certi aspetti di sconcertante ovvietà.
    È stato quando mr Bartalini mi fece notare che la “felicità” è una condizione possibile e lecita dell’esistenza.
    Per me fu quasi una rivelazione; mi accorsi in un istante che per tutta la vita avevo vissuto il desiderio di felicità individuale come un desiderio colpevole.
    Ognuno di noi, in questo viaggio, avrà fatto le sue personali scoperte. Arriva il momento in cui si sente il bisgono di proseguire da soli. Scendere dalla corriera e proseguire, scegliendo da soli le tappe di ogni giornata.
    Occorre solo fare un po’ di attenzione alla voce del nostro profondo: sta dicendo che vuole scendere per ricominciare a fuggire, o per continuare il viaggio?
    Nell’attesa che parli a un volume più alto, vi abbraccio con affetto.
    Ultreya!

  29. Buonasera
    Sono sdraiato sul divano con le mie donne a letto e rifletto su quanto visto oggi.
    Mio padre e mia madre che si parlano tranquillamente,con occhi sereni,privi di rabbia.
    Beh questo è frutto del mio lavoro,bravo Federico.
    Se faccio un riassunto del mio percorso sul bus posso dire che il supporto del Doc è stato come quando un “nonno” rincuora suo nipote,tenendolo per mano aspettando che smetta di piangere e spiegandoli che non è colpa sua di quanto successo.
    È stato difficile crescere ricercando amore in tutte le figure maschili che ho incontrato.
    È stato tremendo accontentarsi di una carezza di mio zio perchè in difficoltà mentre abbracciava mio cugino davanti ai miei occhi.
    È stato brutto convincermi che mio padre non era portato ad avere una famiglia e a fare il padre.
    È stato devastante accettare che un fratello più piccolo di 27anni abbia un padre presente e a modo suo affettuoso.
    È stato pessimo convincermi che mio padre prima che nascessi io non fosse così e che la mia nascita l avesse fatto cambiare.
    È stato doloroso incontrarlo per la strada e fare finta di non conoscersi come due estranei.
    È stato egoista da parte di mia mamma allontanarmi da lui solo per evitare di avere rapporti con lui.
    Beh oggi tutto questo è passato, e la cicatrice fa un pochino male solo se la guardo.
    Certo è che non è stato facile,però ho una sensazione dentro strana,quasi inspiegabile,mi manca un pò il disagio che provavo.
    Un pò come quando vincendo un campionato il giorno dopo ti soffermi su tutta la cavalcata,geloso del adrenalina vissuta,della gioia provata.
    Certo è che quel disagio mi ha cresciuto,ha vissuto con me per 30 anni,e adesso ringraziandolo lo posso lasciare.
    Un Saluto Federico

  30. Il Cammino di Santiago. È quello di ogni giorno. Si incontrano persone: tutti sono utili, nessuno è indispensabile. Ognuno può insegnare qualcosa a qualcuno ma, alla fine, niente è cambiato; a parte te.
    Tutto questo è molto più di niente.
    Buen camino!

  31. Buongiorno
    ….che dire,è veramente bello sapere che non sei mai andata via Carla.
    Io capisco quando dici che sei sempre scappata,è capitato anche a me,ma mi voglio soffermare su un grosso passo avanti,qui non l hai fatto.
    Mi è capitato di recente di tornare a giocare a calcio,un giorno ho smattato come il mio solito e me ne sono andato,in macchina tremavo dal nervoso,qualcosa di me si stava ribellando,e invece di comportarmi come sempre,sono tornato de giorni dopo chiedendo scusa a tutti e mi sono messo a disposizione.
    Io ho la fortuna di utilizzare il calcio come metafora della vita,ma è stato un grosso passo avanti.
    Ho imparato che sono sempre scappato per paura,per non volere stare a le regole degli altri,perchè sono un bimbo viziato che detta legge.
    Cercando su Internet sono “capitato” nel sito che parla del libro Si fa come dico io di Roberto Albani… nel elggere alcune pagine che mette a disposizione ho capito diverse cose,e Sorriso è sobbalzato sulla sedia.
    Non so magari può essere utile anche a voi,specilmente quando parla del abuso di potere da parte dei figli sui genitori o dei figli su se stessi
    Adesso vi saluto perchè si è svegliata la mia principessa.
    Che bello risvegliarsi leggendovi
    Saluti Federico

  32. Difficile cominciare adesso, soprattutto dopo quella che fu “la pallonata”. Difficile non essere combattuti, adesso, tra il desiderio di comunicare quello che è stato un discreto (immenso) piacere, ovvero anche il solo veder scritto “Carla” qua sopra, senza contare poi tutto quello che ci dici, e una certa ritrosia che è – credimi!- fatta della materia di cui sono fatti il rispetto e la sensibilità: una flebile ma risoluta vocina mi sussurra nell’orecchio di stare attento a come rispondo, visti i precedenti. Grazie, Carla. È bello ripercepirti e sapere che, comunque, sei lì a tendere un orecchio. E addirittura, come oggi, anche a farti percepire, se ti va. È bello sentire il tuo sentimento di compartecipazione e di gioia sincera verso i traguardi degli altri. Qualcuno mi ha detto “è bello quello che scrivete, e anche come lo scrivete”. Io rispondo sempre che sono cose genuine, vere. Qui ci sono nervi scoperti e ferite aperte, qui non ci sono faccine o “mi piace” di chat o social network. Qui si soffre, si muore e si rinasce un pezzo per volta un giorno alla volta. Per forza appassiona noi o chiunque altro, a meno che non sia uno che si senta guappo oltre misura e intenda questa come la sezione di ausilio terapeutico per sfigati o depressi da “strizzacervelli”: qui non si gioca, non si scherza, non ci si mette in mostra: ci si mette a nudo… con cautela – certo – ma anche con grande umiltà, e quindi con quella dignità solenne che legittima il più solenne rispetto. Qui, se non si è integrali teste di c…, si impara sempre qualcosa.
    Questa dignità solenne me l’ha insegnata Federico: ha modi irruenti ma veri di descrivere i suoi limiti e i suoi valorosi tentativi di superarli, o di girarci intorno. Ha l’umiltà di chi ti racconta con purezza cristallina cosa non riesce a fare.
    Poi, mentre Elisabetta dona un po’ di sollievo materno, anche te Carla, mi fai da specchio, come me lo fa EssePunto nei suoi interventi spot. Fabrizio mi fa anche sorridere, però anche sempre riflettere… Poi c’è Paolo Bartalini che ci trasporta nei posti in cui è utile tornare, nei tempi che lui sa individuare. Qua sopra non direi esserci “un regista centrale”, Carla; direi attori-registi: tutti e Bartalini, Sorriso, se vogliamo. Un maestro e un’orchestra, un po’ scassata – certo – ma con un suo perché, e con la forza dell’ “insieme”.
    Attori nel senso di “coloro che compiono qualcosa”, non coloro che interpretano una parte. Si interpreta una parte tutti i giorni, oppure su Facebook, o sulle chat, sui gruppi, su tutto quello di futile, veloce e superficiale abbiamo oggi in dotazione. Ma non qui. Quell’Attore, l’attore che compie, che è me stesso io l’ho ritrovato grazie al mio personalissimo tour. Ho ritrovato i miei panni. E da adesso uso quelli, a cominciare da qua sopra ma – già me ne accorgo – anche fuori, anche là dove un tempo, senza più essere in grado di rendermene conto, interpretavo non so chi.
    Torno a te, Carla.
    Ci sono molte cose belle nelle tue righe: in molte mi riconosco, in altre riconosco dolorose esperienze di travagliati momenti, un tempo opprimenti come macigni, oggi fortunatamente – ma anche con merito! – trasformati in pilastri fondamentali di una rinnovata esistenza. Pilastri prima schiaccianti. Inaspettatamente ricevuti in simpatico omaggio, lanciati con smisurata veemenza sulle, e anche alle.., mie spalle, ma oggi riciclati, ripuliti e riadattati a protezione, la mia; come poterebbero essere le mura esterne di una città antica.
    Lo avevo già detto, Carla. Avevo detto che non mi piace il ruolo “centrale”. Non mi piace perché ci sono passato: piovuto, celebrato, osannato, usato – perché in un mondo scintillante che ha bisogno di protocollare e giustificare business plans e investimenti e dare un valore al tempo e agli investimenti stessi, un centrale creativo fa anche comodo. Fino a quando è scomodo… – quindi poi distorto, sospettato, dirottato, colpito, affondato. Per carità, tutto con le migliori intenzioni… Ma il mondo è pieno di buone intenzioni… con risultati devastanti, in alcuni casi.
    Il grande problema delle buone intenzioni è quando si fanno interagire tra persone. Tutto è facile se ho una buona intenzione nei confronti della natura: se trovo un chiodo piantato in un albero e lo tolgo, l’albero me ne sarà grato tutta la vita: risultato perfettamente corrispondente all’intento.
    Diverso l’esito se c’è di mezzo un’altra persona, o più persone, il tutto a partire da un’intenzione identica a quella del chiodo nell’albero. Quando si interagisce tra esseri umani il rischio, il più delle volte, è di fraintendersi.
    Quando si scrive e si legge qua sopra il rischio è lo stesso. Ognuno di noi può quindi trovare qui cose che non piacciono e cose che piacciono. Diverse per tutti.
    Cose che piacciono: “Qual’è la cosa più bella sopra la terra bruna? Uno dice… una torma di cavalieri…, uno di fanti…, uno di navi… Io colei che si ama”. Cose belle e diverse, figuriamoci quelle brutte…
    Abbiamo punti di vista diversi, che arrivano da esperienze diverse: possiamo coinvolgerci o ferirci senza volerlo – ed è vero, lo abbiamo imparato dalla pallonata in faccia a Carla – ma quei legami percepibili di persone impercettibili, e quel cerchio, sono veri e – credimi! – per le ragioni di cui sopra, sono per me di grande conforto, soprattutto se sento dire che ho fattivamente collaborato a instaurare rapporti di interazione empatica, non fraintesa, e senza effetti negativi per per me o per gli altri. Ma di questo non dare meriti a me, o solo a me: Federico mi ha involontariamente insegnato qualcosa, tu qualcos’altro, come anche Fabrizio, EssePunto ed Elisabetta. Bartalini mi ha insegnato a guidarmi un po’ in tutte le strade che posso incontrare e, se ne trovo una difficile e mai fatta, a ingegnarmi con serenità per levarci le gambe comunque.
    Adesso ho tante cose che vorrei dirti ma non so da dove ricominciare. Vado a rileggerti.
    Ancora una volta parli poco, ma bene. Ancora una volta racconti una parte di te in cui tutti – credo -, leggendo, ci siamo riconosciuti. Tranquilla, sei in buona compagnia: in tanti, da qualcosa o da qualcuno, siamo già scappati.
    Per quanto mi riguarda credo che scappare non sia necessariamente essere vigliacchi: si può scappare perché si vuole bene, anche parecchio. Allora si offre il fianco e ci si fa scarnificare, poi si toglie il disturbo. Dove sono? Sono lontano, ormai; da solo, ma sereno. Adesso i debiti sono pagati, compresi gli spropositati interessi. Te li regalo. Puoi distribuirli a chi ne ha bisogno. Ho provato ad odiarti ma non ci riesco. Il tempo è galantuomo. Arrivederci e grazie. “Grazie di tutto!”.

  33. Cara Elisabetta,
    anche se è passato del tempo, sentivo il bisogno di ringraziarti per la tempestività e l’affetto con cui hai raccolto il mio celato(neanche poi tanto celato!) appello: una replica dalla spiccata vocazione, tipicamente femminile,costruttiva e confortante, conciliativa e materna.Parole giuste al momento giusto.
    Ti ammiro molto e non solo per questo. Brava.

    Ciao Federico,
    è incoraggiante anche per me percepirti più sereno e fiducioso;i tuoi progressi sono forieri dell’agognato benessere interiore, ambito non solo da te.
    Anche ora, come allora, non sono in collera con te, ma con me, ovviamente: sono rabbiosa verso quella donna che che è stata capace di farsi “schiacciare” persino dagli amici percepibili.Inerme e rassegnata. Questo ha assunto per me un significato non più tollerabile.

    Ciao Enrico,
    i primis incollo in parte quanto scritto a Federico.
    La “creatività” che profondi in questa sezione da te ideata mi incuriosisce sempre, mi stimola a collegarmi compulsivamente in attesa di un nuovo episodio della serie preferita.Ti percepisco come un talentuoso regista che cura i dettagli della sua pellicola per non trascurare alcun dettaglio, per ispirare agli spettatori l’interpretazione voluta.
    A volte mentre seguo la serie on-line mi fermo a riflettere sulla centralità che hai assunto in questo spazio, tracciando un raggio con ognuno di noi e abbracciandoci tutti con una ideale circonferenza.

    Ciao S.
    sai le “continue fughe” infastidiscono pure me; quando provo a rimanere riesco solo a prendere pallonate in pieno viso. E in un modo e nell’altro ne esco sempre sconfitta.
    Ad oggi sono “fuggita” dai familiari, da diverse città, da amici, da contesti lavorativi, da qualche partner, pure dal Bartalini tour, anche se non in quest’ordine. E capisco che non c’è posto al mondo dove poter star bene se non stai bene prima con te stesso.
    Anche se mi hai colpito con la tua pungente riflessione, ti ringrazio per avermi offerto l’ennesimo spunto per lo “scavo” interiore. Credo però di averne offerto anche io uno a te.

    Dott. Bartalini,
    buon giorno anche a lei. Non riesco ad aggiungere altro.

  34. Cari Enrico e Federico,
    è tanto tempo che non scrivo e credevo che ne passasse altrettanto ma, quando ho letto le vostre nuove missive, non ho saputo resistere ed eccomi qui.
    Complimenti! Ne avete fatti di progressi in questo ultimo periodo.
    Mi ha dato una grande gioia leggervi e sentirvi molto cambiati, più sereni, consapevoli e con meno rabbia dentro. Credo proprio che il nostro autobus(dico nostro perché ci sono anch’io lì sopra a condividere con voi il lungo viaggio) stia cominciando a percorrere una strada più rettilinea e se anche ci saranno ancora ostacoli da superare, siamo riusciti ( con l’aiuto del nostro autista) a costruire delle fondamenta tali che nemmeno il più grande terremoto potrà distruggere e questa è sicuramente una certezza che non permetterà a nessuno di noi di retrocedere, ma solo andare avanti nel migliorarsi.
    Sono d’accordo con te Enrico, non si butta via niente dei nostri fardelli, ma questi diventano miracolosamente più leggeri e condivido anche quando dici che in un certo senso si ringraziano i nemici perché ti costringono a diventare migliori (parole tue che ho fatto anche mie).
    Non saremmo quelli di oggi, cioè migliori, se non ci fossero stati loro.
    Federico, il tempo vedrai che sanerà le ferite che ti hanno creato e ti aiuterà a perdonare e ad accettare gli altri per quello che sono e che possono dare anche se in modo diverso da come vorremmo, anche se a noi sembra poco. Ma nessuno è perfetto e la perfezione è anche noiosa.
    Ora vi saluto e vi faccio i miei migliori auguri di un proseguo sempre più sereno
    Elisabetta.

  35. Carico e scarico. Strano questo viaggio. Simile e dissimile per tutti. Io ho invece la sensazjone di aver alleggerito il peso che porto da sempre sulle spalle. Non è che ho buttato via nulla, anzi: ho tenuto tutto quello che c’era prima ma adesso lo sento più leggero. Molte delle cose che mi hanno pesato per tanto tempo ora, quasi, mi viene da ringraziarle. “È un po’ come quando si sente dire di ringraziare il nemico perchè ti costringe a diventare migliore”. Ho detto questo a Sorriso. Lui sorrideva. Poi ha detto che era un piacere sentirmi. E io ho pensato “Cacchio… Ho imparato a capire come funziono e a essere più tollerante nei miei confronti?”. Era una autodomanda retorica. Spaccare il capello in quattro a volte è inutile o controproducente, credo soprattutto per me. Che cacchio me ne frega di vedere com’è fatta la struttura molecolare del capello e verificare che sia a posto? E chi mi dice che “a posto” sia proprio quello? A volte basta una domanda a monte: “mi servono così tanto così tante domande?”. Poi incrocio la braccia e lascio lavorare il tempo: lui scorre onesto senza curarsi di nulla e di nessuno e porta le risposte: come sono le cose veramente, come dovevano andare, le persone da non perdere, le cose che vuoi: tutto quello che volevi, leggero come deve essere. Andare in giro con 100 chili sulle spalle non serve a molto. Il tempo poi non è neanche tantissimo: meglio sforzarsi di non sforzarsi per onorarlo con serenità e non sprecarlo con un inutile martirio. Se dovessi tornare indietro mi direi, “fregatene di chi ti dice che sei in gamba, e anche di chi ti dice che non sei in gamba. Rispetta il prossimo, se se lo merita; se no guarda e passa avanti. Non spaccare capelli in quattro. Sii sereno ma, prima di esserlo, cerca di capire cosa vuol dire”. Federico l’ho risentito volentieri. Ciao Fede! Fabrizio ha ispirato le ultime sedute. Ciao Fabrizio. Saluti a tutti.

  36. Buongiorno a Tutti
    era da un po che non mi collegavo,preso dalle tante cose che ho da fare e anche,per fortuna,non più dal esigenza che ho avuto di voi.
    E’ passata un infinità di tempo dalle prime “lettere” e manco ho voglia di andarmele a rileggere,quasi non mi riconoscerei.
    Che dire?
    Se penso a cosa è cambiato in più di un anno di “Viaggio”,posso sicuramente essere contento della scelta fatta.
    Naturalmente il gioco adesso si è fatto più duro,”l Autista ” ha iniziato a parlare e non sempre è facile accollarsi il peso di ciò che viene detto,ma del resto è quello che voglio e anche se con il mal di schiena mi prendo volentieri i miei carichi sulle spalle,impaurito di non farcela,ma felice.
    Adesso spero solo che il tempo cicatrizzi la ferita che lei ha creato,e che possa perdonarla una volta per tutte.
    Ho sempre detto che mi sentivo come un genitore che ha un figlio che si droga e che non riesce a farlo smettere,e per questo ne soffre.
    Oggi devo correggere questa idea che ho del rapporto con mia Madre in,Mi sento come un genitore che ha un figlio portatore di Handicap e non lo vuole accettare.
    Sicuramente ancora devo lavorare tanto,perchè io non sono il genitore di mia madre.
    E soprattutto io non posso star male perchè lei non è come io vorrei.
    …..
    Un Saluto a Tutti
    Federico

  37. Le cose migliori che ho fatto per me, ultimamente, e intendo quelle che mi fanno sentire meglio, non piu bravo, ma meglio, non erano nella lista dei buoni propositi. I buoni propositi sono come iniziare la dieta il lunedi. Che poi, il lunedi, è gia abbastanza di suo quindi, perchè mai uno dovrebbe iniziare la dieta di lunedi, che la inizi di martedi o di giovedi, insomma, un giorno vale l’altro, ma per favore non il lunedi. Detto questo… io di buoni propositi ce n ho una caterva, ci potrei riempire pacchi di fogli A4, e mi servirebbe un modo per cancellarli, ma non riesco a trovarlo. Lo so, parlare di lista di buoni propositi a settembre fa un pochino strano, visto che in genere si fa sempre vicino a natale, ma che ci posso fare… a me e venuta fuori ora. A presto.

  38. Salve a tutti. Lasagne o non lasagne eccoci qui… Bentornati o bentrovati a tutti. Una persona cara che non scrive ma, evidentmente, legge, mi ha detto, “ma non scrivete più niente? Mi piace leggervi”, evidenza che c’è anche chi non trova insignificanti, banali, noiosi o ingombranti né i testi né gli autori.
    Per chi riprende ora il tour: buona ripartenza. Per chi lo comincia: buon viaggio. Per chi legge: buona lettura.

  39. Entropia: puoi trasformare il tempo in denaro. Ma non puoi trasformare il denaro in tempo.

  40. Cari compagni di viaggio,
    sembra un luglio fecondo per tutti. Nuove scoperte per Federico, cabbalismi fonetici per Fabrizio, prelibate ed argute pietanze per Enrico, prospettive di ispirazione per chi si presenta (ciao Gioconda).
    Siamo tutti più o meno propensi a parlare non solo di se stessi, ma anche a commentare i post degli altri viaggiatori.
    Tuttavia, per il solo fatto che il blog si chiami “racconta la tua psicoterapia”, parlare degli altri è comunque parlare di sé.
    Questa un po’ saccente premessa serve solo a nascondere e giustificare il desiderio di parlare di me stesso; al contempo, sono restio a parlarne per timore che il soggetto non interessi a nessuno; che sia giudicato insignificante, banale e noioso.
    Poi, in pratica, non faccio altro che citarmi, ostentarmi, chiedermi morettianamente se mi si noterà più per i silenzi e le assenze e i ritardi, o per le parole e le presenze ingombranti.
    Allora tanto vale farlo esplicitamente, mi dico, di parlare di me stesso e della mia psicoterapia.
    E in questo istante, va da sé, lo sto facendo. In buona parte anche grazie a Paolo. Thanks again.
    A Compostela non si arriva con l’alta velocità.
    Saluti a tutti, in particolare a Enrico.
    S.

  41. La Rete & l’ alfabeto (non pensavo avessero punti in comune ma mi sbagliavo) A: ma e’ possibile stare su una rete senza caderci dentro? B: si certo. A: ah. Emhmhh… eeeee come si fa? B: non lo so. Certe volte pero’ succede. B: si ho capito e lo so. Ma io ti ho chiesto come si fa. A: non c’e’ una ricetta. E anche se ci fosse, non potrei aiutarti, perche’ non la conosco. B: ma se mentre cammino si chiude che faccio? A: aspetta. Dopo un po’ si riapre. Ma non pensare di aver vinto o finito. Non c’e’ niente da vincere. Troverai poi altre reti.. E qualcuna si chiudera’ di nuovo. FINE. ora… stavo semplicemente pensando che a volte… sono A… a volte sono B… ma a volte sono anche C, D, E e tutto l’ alfabeto. Invece di pensare che comportandosi come B si possa tradire A e viceversa… o che essendo C… sarebbe sicuramente meglio… sto cercando di capire sino a dove si spinge ogni lettera per poi accettarle tutte. Ma una alla volta. E non e’ una contraddizione. Anche se non ne sono sicuro. Ma vedro’ strada facendo. A presto.

  42. Gioconda, benvenuta,

    è un piacere leggere un nome nuovo. L’assenza di ispirazione della tua poesia mi pare una latitanza a tempo determinato, mi viene quindi da pensare che sia una poesia ottimistica; comunque molto meglio del pessimismo cosmico Leopardiano che toccava sorbirsi a scuola.
    A presto, spero di ripercepirti.
    Enrico

  43. Ciao,
    venerdì avrei voluto postare questa poesia ma poi non ho avuto tanto tempo.
    Lo faccio adesso. Buona giornata, Gioconda.

    Non ho più l’ispirazione, credo.
    Si sarà tuffata l’altro giorno,
    quando mi affacciai dal ponte
    per vedermi specchiata,
    nelle acque del Serchio.
    Forse vide il mio volto
    non nitido, e due occhi profondi
    che cercavano risposte
    alle mie domande.
    Forse è ancora lì,
    che nuota libera e felice,
    sotto il sole e il cielo infinito.
    Di notte ascolta la quiete,
    il vento la culla e le stelle le sorridono.
    La curiosità la tiene in vita.

  44. Ciao a tutti. Enrico… ciao. Son stato in una citta’ dove non andavo da diversi anni e dove sarei potuto tornare. Avevo la sensazione – prima di andarci – che l’effetto, una volta li, sarebbe potuto essere del tipo… “bella esperienza ma capitolo chiuso”. In effetti cosi e’ stato. Non so per quale motivo, una volta li, e, subito dopo aver “realizzato” ho sentito proprio un ahhhhhh beeeeeneeee dentro. E allora, o la felicita’, o il desiderio di fissare la sensazione, o entrambe… hanno fatto il resto. A presto.

  45. Leggo Federico e mi viene in mente Fabrizio e le lasagne. Fede, non solo hai individuato i diversi strati della tua “teglia di lasagne” -mi pare…- ma li hai rivoltati con zappa e vanga, guardati, analizzati, studiati e -spero ma mi sembra anche un po’ di si- individuati e quindi anche un po’ più – come è stato per me – più benevolmente accettati.
    A me le lasagne piacciono fredde. Se sono bollenti non riesco a sentirne il sapore: le faccio passare sopra le papille gustative, più o meno a “mezz’aria” tra la lingua e il palato cercando di non ustionarmi, e le butto giù… Questo non è gustarsi un piatto di lasagne, è introdurre nel corpo elementi utili per nutrirsi.
    Quando ero giovane andavo nelle pizzerie e chiedevo un quarto di pizza. Spesso mi dicevano “questa è fredda, tra cinque minuti si toglie dal forno la prossima”. Io rispondevo “ma io la voglio fredda… Voglio quella!”. A volte ho dovuto insistere e dire “guardi che la pago lo stesso!”.
    Dopo qualche volta che andavo nella solita pizzeria la titolare, una Signora gentilissima, mi riconosceva e mi regalava i quarti di pizza fredda.
    Quindi, quello che per un’altra persona era una cosa immangiabile, per me, non solo era buona ma anche gratis: ottenevo quello che mi rendeva felice, mangiavo con gusto (non “mi nutrivo”) e avevo il mio risparmio economico. E funzionavo anche da “spazzino biologico ecosostenibile” per la pizzeria che non doveva buttare al macero ancora ottimi quarti di pizza. Massimo risultato possibile per tutti.
    Per quanto ti riguarda, Fede, spero tanto per te che, una volta rivoltate le tue lasagne, tu le abbia guardate per come veramente sono e così, una volta raggiunta una temperatura di conforto, tu, adesso, le possa anche gustare: sono sempre quelle ma il rapporto con loro è diverso. Migliore.
    Io, le mie, le ho accettate, e quando dico “accettate” – lo dicevo oggi a Sorriso – l’impressione di questo momento è che in questi mesi abbiamo lavorato su un pezzo di legno, un tronco d’albero (quello che è “il pezzo”, quello su cui devi stare quando di consigliano… “stai sul pezzo”; poco importa se “il pezzo” è un ciocco di legno o una teglia di lasagne). Il pezzo lo abbiamo preso a mazzate, accettate, sezionato e intagliato con la motosega e abbiamo trovato l’Essenza che era dentro e che pure io ignoravo, non vedevo, non conoscevo.
    Senza nemmeno accorgermene, Sorriso mi ha guidato verso quello che, in fase inizialissima mi aveva chiesto come uno degli intenti del mio Bartalinitour. “Capire chi sono… Come sono…” avevo detto a Sorriso, senza sapere neanche tanto bene se fosse una risposta di circostanza detta tanto per riempire una casella o se, invece, fosse una cosa ricercata e fortemente voluta, come, del resto, ho poi scoperto fosse veramente: forse venne dal cuore, mentre la razionalità del cervello e l’emotività “di pancia” litigavano per dare la risposta che secondo l’una e l’altra era ritenuta giusta.
    Spero tanto sia lo stesso per te ma penso di sì…
    Lo dico a Federico ma anche a Carla, Elisabetta, Fabrizio, S. e a chiunque altro.
    A presto.

    (P.s.: sull’ultimo intervento doppio-concentrato di Fabrizio c’ho ragionato parecchio con espressione del viso tipica di colui/colei che non c’ha capito un’acca. Poi, anche scrivendo queste righe, ripensando al Bartalinitour e al pullman in viaggio, un senso mi pare di poterlo afferrare e mi pare anche positivo. Gli interventi di Fabrizio sono sempre ermetici e enigmatici ma divertenti: non perdere l’abitudine!).

  46. Buongiorno
    ieri è stata una giornata veramente importante.
    Sorriso di solito sorride,del resto cosa potrebbe fare. Ieri l ho visto sobbalzare sulla sedia e avere un espressione di sorpresa. Dopo più di 1 anno che cercava di darmi indicazioni,ha visto il risultato del suo/nostro duro lavoro. Finalmente ieri ho accettato quello che sono, cosa mi ha sempre caratterizzato, chiudendo finalmente la prima parte del percorso. Le parole non rendono bene l idea della gioia e della soddisfazione. L ho voluto condividere subito con voi,e un pensiero va a Carla,non intesa come madre,ma come figlia. Io sono stato duro con te e mi dispiace,ad oggi ti posso dire cosa mi ha caratterizzato e mi ha dato tanti problemi. Sono Istintivo,quando vengo contrariato produco reazioni di rabbia violenta che non sfogo sempre,opportunista e manipolo le persone per il mio scopo. Chiunque mi si oppone diventa un nemico da distruggere,non fisicamente,ma spicologicamente.
    Sono un cane rabbioso.
    Saluti Federico

  47. Buongiorno amici
    Dopo svariati mesi di alti e bassi passati a massacrare mia Mamma è arrivato il momento di cambiare obbiettivo,o quanto meno di diventare più obbiettivo e sincero. Lei è sempre stata la causa delle mie paure e di conseguenza colei da evitare,massacrare,cancellare dalla mia vita. Ho sempre messo in un ipotetico ordine prima la paure e dopo la rabbia.
    Mi spiego meglio,ho sempre pensato che a seguito di una mia forte sofferenza da piccolo mi sia creato uno scudo fatto di rabbia che mi ha permesso di vivere. Grazie al lavoro di questo anno con stamani ho potuto dire senza vergogna che prima viene ed è sempre venuta la rabbia e dopo la paura.
    Quindi tutto quello precedentemente detto,non lo devo cancellare,ma devo solamente cambiare il modo di guardarlo.
    Certo è che quello che ê successo ê successo e non lo si può negare,ma la forte paura che mi ha attanagliato sin dalla notizia sei anni fa del arrivo di un fratello da parte di mio padre mi ha sconvolto. Ha creato una rabbia talmente forte che non c e l ho fatta più a gestirla e sono imploso. Era il periodo nel quale lo stavo conoscendo dopo più di 15 anni passati senza di lui,con mia mamma che mi ha sempre detto che lui non era portato per fare il padre,una notizia del genere mi ha fatto male talmente male che sono scappato per 5 anni. Poi con l arrivo di mia figlia mi sono fermato da solo a riflettere e la rabbia ha lasciato posto ad una voragine. Sempre l arrivo di mia figlia ha fatto si che io dovessi per forza crescere e questo mi ha sconvolto ulteriolmente,perchè come dice Sorriso a ricoprire il ruolo d i figlio si sta meglio meno responsabilità. Io credo che piu che di questo la mia rabbia riguardasse che io il figlio non l ho mai fatto in se per se e questa mancanza mi ha condizionato tanto. Adesso però ê arrivato il momento di cambiare,di perdonare,di chiudere una porta ed aprire un portone. Non sarà facile passare sopra certe suoi comportamenti,ma il fatto che adesso in cima alla piramide dei problemi c è la Rabbia di Federico come causa principale è un grosso passo avanti.
    Saluti Federico

  48. Ciao Federico, ciao Fabrizio, ciao a tutti,
    Piacere di ripercepirvi. Federico parla di “diffidenza”, quindi anche di distanze. Riparla di distanze quando dice di sentirsi “più vicino a Enrico”. Sulla base della mia esperienza, credo che la distanza, a seconda dei casi, possa rischiare di essere troppa o troppo poca: troppa ci si perde; troppo poca ci danneggiamo a vicenda.. C’è una distanza ottimale tra noi e chi è illustre sconosciuto, un’altra tra noi e chi è conosciuto e anche una più adeguata di altre tra noi e tutto quello che ci accade. Un po’ quello che scrive Patrizia di là… (nel commento alle 11 perle di saggezza di Ellis): basta convincersi (trovare la forza per trasformare) una cosa che non ci piace, in una cosa bella (o anche un po’ bella). Tutto non è sempre e solo così tanto brutto e neanche sempre lo sarà… Può diventare anche una cosa totalmente, o anche solo parzialmente, bella; perché magari ci siamo sforzati di mettere in luce gli aspetti positivi di questa stessa cosa.
    Se lo scrivo così sembro un luminare in fatto di assetto e di distanze adeguate, in realtà, nella pratica quotidiana, faccio un passo avanti e due indietro, alle volte. Però almeno ora so che è quello un buon metodo per cercare di stare meglio, di patire meno qualsiasi evento.
    Uno dei capisaldi del mio lavoro fatto con Sorriso è “la distanza del riccio”: dalle persone, da quello che mi succede, da tutto. Prendere la distanza, non per alienarsi, sentirsi superiore oppure ignorare o, peggio, rifiutare rabbiosamente, ma per osservare da un punto di vista corretto, senza poi rischiare di farsi travolgere eccessivamente dal coinvolgimento emotivo (nel bene e nel male).
    Io ho dovuto imparare ad ascoltare la mia mente che mi suggerisce sempre qual’è la giusta distanza da tenere. Prima c’era così tanto frastuono che neanche la potevo sentire, e neanche potevo pensare che potesse dirmi qualcosa e, soprattutto, qualcosa di importante per me: cioè quello che voglio raggiungere, quello che non voglio più, chi voglio che mi sia vicino e chi non è né indispensabile né utile che mi stia (e, allo stesso tempo, verso il quale io sia…) troppo vicino.
    Per me tenere la giusta distanza significa, ora, posizionarmi nella condizione migliore per affrontare, senza il disturbo dell’onda emozionale che travolge come uno tsunami, tutto quello che mi succede e mi gravita intorno.
    Su Gesù Cristo la si può pensare in maniere diverse ma una cosa utile per tutti la disse… “Siate astuti come serpenti ma puri come colombe”: buoni e limpidi, sì, ma coglioni no!
    Io, in passato, per eccesso di zelo, per attitudine e allenamento al martirio, ho accettato molte cose per me dolorose perché pensavo… “Molti nemici, molto onore”. Sciocchezze. Il martirio non serve a nulla!
    Adesso, a volte un po’ con rabbia, mi viene da pensare ” ma come cavolo ho vissuto per 40anni!?”.
    Quindi, in conclusione… Un pacco di monete fatte di fantasia e non di logica, un quadro di lasagne e una buona e ben allenata “distanza del riccio”, molto probabilmente sono strumenti propedeutici al lavoro di escavazione fatto (o da fare) dentro di noi per vivere il tutto un po’ meglio di prima: non più subire gli eventi e somatizzare i colpi ma avere chiaro cosa si vuole (almeno più o meno…) e essere concentrati costantemente (senza arrivare ai livelli patologici ossessivo-compulsivo psicotici) su quello che si pensa sia la direzione giusta verso la nostra serenità.
    Buonanotte.
    E.

  49. Buongiorno ragazzi,sono sceso giù dal “autista” invitandolo a ripartire, abbiamo aspettato Carla e spero di ritrovarla alla prossima fermata,ma la situazione di imbarazzo per la sua decisione va superata.
    Quindi,il nostro amico Sorriso si è fatto una bella settimana di ferie lasciandoci con i nostri pensieri,e sapete che ho fatto ?
    Ho preso moglie e figlia e me ne sono andato al mare.
    Si capito bene,sono andato in ferie anche io,del resto è stato tutto facilitato dalla concomitanza delle vacanze anche di mia mamma,quindi non c era niente di cui avere paura.
    Lunedì quando ci siamo rivisti in seduta ero bello carico anche se un pò preoccupato di rivedere mia mamma. Parlando con il Doc mi è uscita una frase e lui in 4 parole mi ha fatto piangere.
    La sera ero terrorizzato,solite paure e via dicendo. Piano piano mi sono messo a riflettere e con stamani abbiamo chiarito cosa successo.
    Sono stato smascherato,o forse sono uscito allo scoperto?
    Si il mio grande problema si chiama DIFFIDENZA.
    Vi riporto Etimologia / Derivazione di Wikidizionario:
    Derivato del verbo diffidare, la cui etimologia risale al occitano desfizar, al francese défier e allo spagnolo desfiar, a loro volta probabilmente evolutisi dal nominativo fidare del latino fides, a cui è stata anteposta la particella dis.
    Sotto riporto Fiducia: dal latino fiducia, derivazione di fidĕre ossia “fidare, confidare”
    Ecco dopo questa piccola lezione che mi fa sentire un pò più vicino a Enrico e il suo Latino,nonostante la mia ignoranza,posso dire che io ho confidato troppo in mia madre e dal momento che lei mi ha deluso,tradito,imbrogliato,ecc ho necessariamente dovuto iniziare a diffidare di tutto e tutti,anche di Bartalini.
    Si anche di lui perchè sotto sotto convinto che mi nascondesse la verità per tutelarmi,perchè indifeso,perchè piccolo.
    Messo a nudo questo aspetto adesso inizia un nuovo capitolo del mio libro,speranzoso come ha detto Sorriso che una volta evidenziato un disagio lo possiamo fare nostro e usarlo a favore e non contro.
    Ancora fatico a capire come,ma del resto la strada è ancora lunga e di tempo ne abbiamo per scoprirlo.
    Ciao a tutti
    Federico

  50. Usare sempre la logica al posto della fantasia e’ come avere un pacco di monete scadute…

  51. Consulto compulsivamente la piattaforma in attesa di una replica di “Pagina Bianca” che mai come adesso è come il manoscritto di cui sopra: desiderata. Nell’attesa spasmodica, scopro con gradita meraviglia l’uomorismo di Fabrizio-“scrittore poeta” e le sue lasagne a strati diversificati e i vocaboli ricercati di “EssePunto”: egotismo… Benedetto sia Google e la sua ricerca rapida. Vocabolo quanto mai azzeccato, comunque, visto che è uscita fuori una metafora su pallonate involontarie su una gota. Per caso, oltre che per assonanza, abbiamo così anche dato un nome al nostro involontario colpire i compagni in faccia: il “gotismo”.
    Mi fa molto piaceare anche, uno, vedere che la sezione, alle 11:28 di oggi, è ancora presente e consultabile e, due, che si sia vaporizzato nella stanza virtuale anche un po’ di ilarità; un po’ di autoironia… che è sempre meglio dell’autocommiserazione di cui, in passato -mi sono accorto (rilettura del passato)- di aver fatto uso. Forse abuso. Questo nuoce alla salute.
    Devo dire che Fabrizio mi ha fatto proprio ridere: notevole anche la sua massima… “di rabbia non è mai morto nessuno” che contrasta, ma d’altronde qui contrasta un po’ tutto…, con il detto “sono arrabbiato da morire”. Le lasagne a strati mi hanno fatto venire in mente una cosa. Un quadro. È quello posto nello Studio di Pisa. Ci sono tre teste di donne e una o due mani (a dire la verità non è neanche tanto bello, però io sono ignorante in materia, quindi va bene così). A volte ho detto a Sorriso che il lavoro che stiamo facendo lo vedo un po’ come s’è scrostassi quel quadro: sotto ci trovo un altro dipinto e in parte mi incuriosisce e in parte mi impaurisce un po’. Dalla prossima seduta mi immaginerò delle lasagne lì sopra, così tolgo lo strato che ho sempre creduto di vedere, “lo mangio”, e lo digerisco… Poi mi dedico agli strati sottostanti e vedo cosa portano. Di sicuro hanno portato ad essere consapevoli, come dice Mamma Elisabetta, che si può diventare, non senza fatica, destratificatori professionisti: non essere più passivi, abbandonati. N.b.: magari c’è anche il momento, all’interno e durante il Tour, che uno dice “stoppa un attimo, Sorriso, io scendo e vado a prendere una boccata d’aria. Poi magari rimonto.”. Oppure, come dice “EssePunto”, si può arrivare a un punto di migliore qualità della vita, non è detto che si debba andare a scavare fino al centro della melma… fantastica poi Elisabetta: “insieme siamo più forti”. Senza parole!
    Vabbè, basta per ora.
    grazie a tutti e spero di risentire molto presto Carla. (Al limite ti percepirò sperando di trasmetterti cose buone anche così).
    Un caro saluto.
    Enrico

  52. Buongiorno,
    Vi devo dire che mi sento una m…. ( Doc passamela per favore perchè rende l idea)
    Mi sento il più piccolo di tutti,il meno saggio,colui che rileggendo tutti voi si rende conto che avrei voluto dire tutto quello che avete detto voi,ma per l ennesima volta ha sbagliato il modo.
    Elisabetta “mi adotti “,io avrei voluto crescere con una madre come te,una donna che ha saputo dire basta alle sofferenze anche per il proprio bene e di riflesso per sua figlia e tutti quelli che le stanno vicino.
    Io sono una lasagna multistrato,o forse sono un lasagna che si è ghiacciata e adesso fa fatica a levarsi strato per volta e deve essere piano piano riscaldata per non essere bruciata.
    Io sono quello che usa parolacce,che il latino manco lo sa leggere e capire nelle traduzioni,sono quello che ha più da imparare e da crescere,e fidati Carla sto cercando,sto osservando,lo sto desiderando.
    Ma io Carla sono anche quello che ogni giorno si chiede perchè?
    Perchè non ha fatto come Elisabetta?
    Perchè non lo ha fatto per me?
    Perchè ha buttato via la cosa che dovrebbe essere più bella?
    Perchè…????
    E quindi come dice giustamente S. ho parlato a te per parlare a me stesso e di conseguenza vista la simbiosi con mia Mamma a lei.
    Ti chiedo nuovamente scusa per la rabbia per l irruenza,ma come già detto è dentro di me e la devo far uscire fuori.
    Mi dirai ,fallo con tua Madre?
    Già fatto avariate volte,e sai cosa ha prodotto?
    Niente!
    Un piantino li per li e poi di nuovo con la routine.
    Allora ci riprovo con te.
    A differenza di tale però qui ci sono persone predisposte ad aiutarti e ad aiutare me a incoraggiarti. Nella mia tutti si sono defilati,additandola come poverina e facendola sentire come tale senza incoraggiarla a cambiare.
    Del resto io in questa conversazione ci rivedo la mia vita e la mia famiglia.
    Senza offese per nessuno,c è mia nonna ,mio nonno,mio zio,mio cugino. Tutte persone che avrei voluto vicino nel convincerti.
    E io del resto ho il ruolo di figlio ferito,di ragazzo arrabbiato.

  53. Ci sono modi giusti e modi sbagliati per sfogare la rabbia. Alcune volte trovo il modo giusto, e allora la rabbia cala. Altre, uso il modo sbagliato, e allora la rabbia sale. Credo pero’ che la rabbia sia un qualcosa che – se e’ li da tanto tempo – sia un po’ come le lasagne… a strati (scusate il paragone ma rende l’idea e poi siamo verso l’ora di cena per cui la mente vaga). E, se per togliere uno strato va bene un modo, questo non vuol dire che per togliere quello sotto vada bene ancora lo stesso. Si rischia di incappare, a volte, nei modi sbagliati… di farla salire, ma per fortuna di rabbia non e’ mai morto nessuno. Ora avevo appena detto che non andavo sul sito da tempo e che non sapevo se sarei tornato a breve sul sito. In realta’ forse i modi giusti per sfogare la rabbia dissolvono anche le sicurezze che molte volte mi ingabbiano e ingannano. Non ne sono sicuro ma forse… . Ora vado a mangiare. Credo lasagne. A presto.

  54. Cara Carla, ho letto in ciò che hai scritto tutta la tua sofferenza di figlia e madre al contempo,
    è stato meritevole che tu sia ricorsa alla psicoterapia per il bene di tuo figlio, ma forse questo
    non basta perché lui starà veramente bene se lo starai anche tu perché vedere una madre serena
    al tuo fianco è la cosa più bella che ci possa essere.
    Ti dico questo, perché sono stata figlia di un padre padrone e di una madre che ha sofferto
    indubbiamente per la sua sottomissione al marito e che mi ha trasmesso tanto dolore ed è questa la
    ragione per la quale sono ricorsa all’analisi.
    E’ vero, è molto faticosa, dolorosa ma il risultato, qualunque sia la sofferenza per affrontarla
    è sicuramente liberatorio. Io l’ho provato su me stessa e avevo molti dubbi ed incertezze. Ho
    rimandato per lungo tempo: non bisogna fare gli errori dei nostri genitori, siamo diversi.
    Come dici tu abbiamo bisogno di essere amati prima di amare e allora ama ancora di più
    tuo figlio che ha soprattutto il diritto di essere amato e ama anche te stessa perché la facciata
    non basta e anche tu hai il diritto di essere serena: è” l’essenza che conta. “
    Dici che ti sei fermata ad un punto scomodo perché avevi paura di non farcela e di non avere
    buone motivazioni per continuare. Stare bene con te stessa e ancora di più con tuo figlio:
    ti sembra poco?
    Rimonta sul bus con noi, dai ce la farai. Mia figlia mi ha ringraziato per aver intrapreso questo
    faticoso cammino, ma oggi si ritrova una mamma più serena e libera con se stessa e con gli
    altri.
    Vedi, tu hai sofferto per quello che ti hanno scritto Federico ed Enrico, ma volevano solo gridare il loro dolore e anche se con veemenza riuscire e convincerti che si può vivere meglio, ne hai diritto. Siamo in tanti qui ad avere intrapreso questo viaggio insieme, con coraggio, paura, ma anche con grande determinazione. Ce la faremo, ne sono sicura, ed insieme siamo più forti; e noi siamo con te..
    Qualunque decisione tu voglia prendere!
    Un abbraccio da una mamma ad un’altra mamma. E da una donna ad un’altra donna.

  55. Enrì, non mi blandì (e siamo almeno due ad aver patito il latino).
    Gutta cavat lapidem (la goccia scava la pietra). E’ Mr Bartalini, che butta lì quella mezza parola una, due, tre volte; d’accordo, c’era spazio per una miglior metafora.
    Condivido ogni parola del tuo intervento.
    Aggiungerei un commento (non mio, che qui di maestri giustamente non ce ne sono): teniamo ben di conto che nella vita in generale e in questo spazio in particolare in realtà stiamo parlando di noi stessi. Tutti. Anche quando rispondiamo a una Carla, a un Federico, a un Enrico, eccetera.
    Dunque, da un lato cerchiamo di essere indulgenti con chi in qualche modo sparge sale o tira pallonate; dall’altro approfittiamo per chiederci come mai un commento o una risposta ci infastidiscono particolarmente.
    Per non smentire l’egotismo che ci guida in questo gioco, mi interrogherò nei prossimi giorni sul perché le fughe della gentile Carla mi abbiano così infastidito.
    Abbracci,
    s.

  56. Se cominciassi con “Cara Carla”, a questo punto, mi sembrerebbe di apparire l’abile venditore-prestigiatore che non sono, che vuole accomodarsela in modo ipocrita e truffaldino; però qualcosa bisogna che lo dica.
    Comincerò quindi con “Carla…”.
    Carla… Per quanto non fenomenale (altrimenti sarei stato da sempre e per sempre autosufficiente e non avrei mai conosciuto e frequentato Sorriso), ho una mente visiva: devo tradurre in immagini un po’ tutto, soprattutto i concetti e, in maniera particolare, in questa esperienza, quelli che riguardano le indagini del mio vissuto, il mio Tour. Se “materializzo” mi sembra di poter osservare tutto in maniera migliore, poi capire come sia venuto fuori, poi, se riesco, come dice Sorriso, anche cercare di “cambiare il passato”. Certo… Fino a un certo punto:non posso farmi crescere fluenti capelli biondi e togliere la caviglia dalla zampata del terzino che, a quel tempo, la distrusse… Ma posso trovare, ora, una chiave di lettura diversa per gli avvenimenti di allora; è questo il cambiamento del passato che penso si possa fare. È questo “passato riletto” che diventa passato non spazzatura ma passato-archivio di errori fatti e passato-maestro di nuovi comportamenti da adottare. Lo scopo – S. docet…- è “solo” quello di una migliore qualità della vita presente. Passato riletto, presente migliore. Un pelino più “a misura nostra”. Un pelino di più “voglio vivere così,” piuttosto che… “mi tocca sopportare questa vita che m’è piombata sul groppone”.
    (Non mi sono perso, torno al dunque subito!).
    Nelle mie ossessive compulsive manie di materializzazione a fin di bene ho materializzato il Bartalinibus, il viaggio, il villaggio e la tribù di “indiani” e la squadra… di calcio, di pallavolo, di quello che vuoi.
    Pallavolo. I componenti della stessa squadra stanno al di qua della rete. Al di lá gli avversari.
    I miei avversari si chiamano, non Carla, ma teorica carenza affettiva, probabile timidezza, implosione, ingiustificato senso di colpa (il capitano), isolamento, abbrutimento, presunto senso di inferiorità, senso di inadeguatezza, frustrazione, incapacità di perdonarsi, incapacità generica e varie ed eventuali, mescolati e incasinati con altre caratteristiche opposte, forse reattive, percepibili all’occhio del profano, tipo superbia, rabbia, senso di superiorità ecc. (Tra i profani, fino a un po’ di tempo fa, c’ero anch’io… Scusa, ho divagato di nuovo).
    Dicevo…”Giocando insieme” capita che Federico mi alzi una palla e io, non solo voglia fare punto ma, se riesco a colpire in faccia il capitano avversario, faccio punto e mi levo anche un sassolino dalla scarpa e una soddisfazioncina in più. Così è stato. O meglio, così è come avrei voluto che fosse.
    Però,se sbaglio la schiacciata, magari mi faccio male al polso e colpisco Carla.
    Carla giustamente può lamentare una certa irruenza e imprecisione, oltre a una gota rossa, calda, gonfia e dolente (per S. “Rubor, calor, tumor, dolor”).
    Come io ho detto che le tue considerazioni mi hanno toccato un tasto un po’ dolente, tu, a tua volta – lo puoi e lo devi fare- puoidire: “Enrico ma che cavolo fai? Stai attento!”. In questi casi è anche consentito un “vaffan…” (educato, però!).
    Non sono un cretino (almeno non tutto questo che può apparire a tratti), cerco solo di scherzarci un attimo perché mi dispiace veramente e vorrei recuperare la nostra corretta reciproca virtuale e bella percezione.
    Ho capito che questa sezione virtuale sperimentale può essere utile ma anche dannosa, perché, chi sta su questo campo di gioco, può essere che sia in una fase in cui sta meglio e prende ogni cosa in una maniera ma, se è in una fase più delicata, la maniera può essere diametralmente opposta… Me ne rendo conto e mi spiace tantissimo per te Carla che, a causa della mia creatività a tratti maldestra, in questo frangente, hai preso una pallonata in faccia che non era per te.
    Per queste ragioni dico sempre a sorriso di monitorare questa sezione, di considerare sempre, qualora si palesasse il rischio di interferenze col suo lavoro e con la serenità di uno dei cari presenti percepibili… “si senta pronto, “con un click”, a eliminarla”.
    Vorrei specificare, precisare, ripetere fino alla nausea, che qui di fenomeni non ce ne sono, di maestri di vita neppure, i guru sono finiti, professori non pervenuti.
    Io mi auguro di tutto cuore di risentirti, perché, se veramente inventandoci questa sezione abbiamo fatto qualcosa di utile per tutti (su questo siamo tutti, mi pare, abbastanza d’accordo), un up-grade ulteriore potrebbe essere anche questa caduta, questo involontario (ti prego di intenderlo così) “fallaccio” nei tuoi confronti: individuare problematiche di gruppo, difetti di comunicazione, danni collaterali involontari, cadute di stile, sale su ferite altrui, pallonate in faccia ai compagni ma, poi, anche, individuare tutto il negativo ed eliminarlo per rendersi conto di aver aggiunto qualcosa di ancora più buono per la tribù, sarebbe seriamente di grande conforto e di grande stimolo. Mi auguro sia l’occasione per arrivare a dire (a dirci), magari un giorno che verrà (se saremo sempre qui a volerci venire a trovare)… “Ragazzi, vi ricordate la pallonata che s’è presa Carla e il sale sulle ferite di Enrico!? Ecco… Ricordiamoci cosa hanno insegnato, a tutti, non solo a Enrico a tirare meglio e a Carla a scansarsi prima e viceversa.
    Bene, detto questo me ne vado. Spero che questa sezione rimanga, che il qui presente “qui pro quo” sia sanabile e anche utile, e poi saluto Carla con un grande Abbraccio e Ringraziamento per il suo insegnamento. Mi hai fatto guardare le cose da un altro punto di vista e te ne sono grato perché mi hai fatto crescere un pochino. Il classico “nocchino” dato bene da una mamma al bimbo poco vispo.
    Grazie Carla!
    Ok. Sottopongo il tutto al filtro col sorriso. Saluto tutti e spero che il fosso che ci siamo trovati davanti sia diventato, da problema, un’opportunità: “ragazzi, qui siamo in un vicolo cieco, la strada è interrotta, qui ci si saluta e ognuno va per la sua strada e arrivederci e grazie, oppure ci si rimbocca le maniche e si costruisce insieme un bel ponticello di legno, si bypassa questo fosso e si va avanti… Si va avanti ognuno col suo viaggio individuale ma anche tutti insieme. “Anche”… Perché mi/vi/ci/gli… farò venire la nausea, se necessario, dicendo che questo è uno spazio utile (fino a quando lo è…) ma non indispensabile. Indispensabile è il lavoro che un professionista ormai con uno stato di servizio che parla da solo fa con le singole, diversissime, un po’ incasinate, bellissime, individualità. Con noi. Punto!
    Mentre scrivo queste cose sono seduto di fronte alla chiesetta che frequentavo quando ero piccolo, nel paesino dove sono cresciuto. Sono venuto qui “di pancia” o “a sentimento”, credo proprio come è successo a S., per ragionare su questi ultimi scritti e cominciare a “cambiare il passato”.
    Quindi, Carla, se questo è teoricamente possibile in questi termini, considera la anche la possibilità di ricorrere anche, e ancora, ai compagni di squadra a volte maldestri per cercare e trovare, anche lì, il conforto che meriti.
    Grazie.
    Enrico

    P.s. Per S.: avevo 4 a latino… Potresti mettere anche delle traduzioni? Grazie.

  57. Ciao Carla
    la schiacciata non era per te,la schiacciata e il cinque fra me e Enrico era riferito,e se leggi i vecchi messaggi lo ritroverai,al fatto che io ho sempre avuto il desiderio di aiutare gli altri e in un post Enrico mi chiedeva per una volta di ” schiacciare io”,cioè di fare qualcosa per me.
    Ecco,so che non ne sei contenta,ma te mi hai dato la possibilità di tirare fuori una cosa che mi fa male,che mi ha sempre fatto male,che è il motivo per il quale sono arrabbiato con mia Mamma.
    Poi trovo che le paure di Madre non le hai solo te.
    Io è un anno che vado dal Doc,ti comunico che inizialmente ho fatto sparire i coltelli appuntiti di casa per paura di fare male a mia figlia!!! che non riuscivo a stare solo con lei se non preso dal panico di farle male,di non essere in grado,di somigliare a mio padre come raccontato una vita intera da mia Madre,ecc
    Quindi te giustamente il sostegno lo puoi cercare e trovare in chi vuoi,io ti ho semplicemente “implorato” di non fare a tuo figlio quello che mia Madre a fatto a me,poi te giustamente fai quello che credi.
    Io parlavo a te con il desiderio di parlare a mia Madre.
    il problema è che lei non si smuove dal suo mattone,spero per te e per tuo figlio che tu sia più intelligente di mia Mamma.

    Ciao S.
    hai ragione,la Mamma è sempre la Mamma….
    Una parte della mia rabbia è dovuta al fatto che se decidi di non essere Mamma in un ennesimo momento di difficoltà di tuo figlio creandoli l ennesimo disagio lo posso anche accettare.
    Ma se io inizio una percorso e te velatamente mi tieni il muso no.
    Allora vuoi la botte piena e la moglie briaa.
    E allora si cambia tutto,arrangiati.
    Io mi lecco le mie di ferite e te le tue.
    Saluti Federico

  58. Buonasera Federico ed Enrico,
    vi ringrazio del tempo che mi avete dedicato ma non ne ho apprezzato molto il contenuto: mentre voi vi date il cinque per chiudere un bel set vincente, a me avete scaricato addosso, violentemente, le vostre “educate e garbate” schiacciate, colpendo un bersaglio fin troppo facile. Io come sempre non ho fatto nulla per scansarle.
    Forse sono una madre penosa, in preda alle sue paure e difficoltà, incapace di risolvere i suoi problemi o peggio ancora di guardarli in faccia. Forse.
    Di sicuro sono anch’io una figlia (proprio come voi!) e non del mulino bianco, fidatevi sulla parola.
    Da adulta e ancora di più da quando sono madre, non ho più pensato a tutto quello non mi ha dato mia madre da piccola (e perché no, anche mio padre) ma soprattutto a tutto quello che non ha avuto lei, né da piccola né da grande. E’ un bisogno primario di tutti essere amati prima di amare, da piccoli e ancora di più da grandi: e quando arrivi a sottrarre amore anche ai figli per averne un pezzetto vuol dire che sei proprio disperata.
    Vi ho scritto che sentivo il vostro dolore e desideravo condividere anche il mio con il vostro. Mi ritrovo doppiamente “schiacciata” e affondata. Senza facoltà di replica.
    Comunque tranquilli, non ce l’ho con voi, però la prossima volta che vorrò conforto… bè magari mi rivolgerò ad Elisabetta, magari mi batterà un cinque senza schiacciare nessuno.
    A presto.

  59. Caro Federico, gentile Carla, egregio Enrico,
    mi fa piacere leggervi e partecipare a questo tour; i vostri interventi mi hanno stimolato qualche personalissima riflessione.

    Federico mi ha fatto ricordare che la mamma è sempre la mamma, anche quando è stata un po’ matrigna; soprattutto quando ha cessato di essere Mamma.
    Lo dico a me stesso, ovviamente, viste le enormi incavolature che mi procurava da viva e fin quando è rimasta Mamma. Qualche breve escursione in terra materna, fatta durante il tour, è stata illuminante per riportare quell’iniziale alla sua più giusta dimensione.

    Carla mi fatto pensare che la terapia non può essere uno scavo continuo in una pozza fangosa. Nulla di più probabile, scavando nel fango, che trovare altro fango.
    La terapia serve a migliorare la qualità della vita; può essere faticosa, ma vale sempre l’antico vitriol degli alchimisti: visita interiora terrae, rectificando inveniens occultum lapidem (veram medicinam).
    Non necessariamente uno scavo dunque, ma anche, appunto, un viaggio in una nuova terra; nel corso di questo viaggio ci fermeremo a scavare quando e dove troveremo indizi che lì possa trovarsi un tesoro, tralasciando le sterili e fangosi paludi, fin troppo già conosciute.
    E se anche non troveremo alcuna pietra preziosa, avremo comunque vissuto in un nuovo paesaggio.
    Un abbraccio a tutti,
    s.

  60. Buongiorno Enrico,e soprattutto Buongiorno Carla.
    Mi sento un pò in colpa per averti spiattellato in faccia la rabbia che ho nei confronti di mia Mamma,scusa!!!
    Solo che certi argomenti sono devastanti per me.
    Sapere che ci potrebbe essere un altro caso come il mio in futuro mi fa venire i brividi.
    Voglio spiegarmi meglio,senza la rabbia che mi trascina come in un torrente.
    Abbiamo analizzato con il Doc che io per la carenza di amore di mia Mamma,o meglio,per la qualità di amore che lei è riuscita a darmi,ho cercato attenzione in altri.
    Ho avuto la fortuna di fare uno sport come lavoro fino a 2 anni fa.
    Fortuna che va vista sotto due aspetti.
    Il primo che mi ha dato la possibilità di fare una cosa che amavo,sempre in compagnia,con soddisfazioni,ecc
    La seconda ben più importante,mi ha permesso di esistere,è andata a coprire quelle carenze più volte spiegate.C erano persone che pensavano a me in tutto e per tutto,mi davano i soldi,mi organizzavano i ristoranti,mi trovavano le abitazioni,ecc
    Finito di giocare,guarda caso è coinciso con la nascita di mia figlia,mi sono sentito nudo.
    Camminavo per strada e pensavo che la gente non mi avrebbe più riconosciuto ( manco prima lo facevano),per farti capire quanto sarei stato rovinato senza il calcio.
    Solo che un conto è affrontarlo a 35 anni e un conto a 9.
    Molto probabilmente un sostituto del calcio sarebbe potuto essere la droga.
    E quì si drizzano le mie antenne e dico.
    IO SONO STATO FORTUNATO,E BRAVO,MA QUANTI ALTRI LO POTRANNO ESSERE?????
    Basta avere il coraggio di ascoltare e quasi tutti sono nelle situazioni mie e del mio amico.
    E perchè?
    Genitori che hanno paura di risolvere i loro problemi
    Genitori che si separano e si fanno la guerra usando i figli come palline da tennis
    Genitori che stanno insieme nonostante che,non tanto sia finito l amore,ma nonostante sia finito il rispetto,dando vita a teatrini familiari che i figli subiscono giornalmente
    Nascita di fratelli più piccoli e figli che devono diventare grandi per forza anche se a 10 anni
    ECC
    Fare il genitore non è facile,ma siccome vedo la differenza quando sono sereno e quando non lo sono.
    Credo che allora visto che ho deciso io e mia moglie di mettere al mondo un figlio ho l obbligo di essere più sereno possibile,perchè lui ha il diritto di poter giocare,di poter essere spensierato,di voler ricevere un abbraccio e un sorriso la sera quando torno a casa anche se è stata una giornata di m…a,ecc
    Ecco oggi sono riuscito ad aggrappare un ramo lungo il torrente e a stare calmo.
    Ti chiedo scusa di nuovo per le parole di ieri,spero che questa mia confessione fatta con il cuore in mano ti possa servire.
    Un abbraccio Carla e sappi che quì avrai sempre un appoggio morale qualora tu decidessi di addentrarti nella nebbia.
    Ciao Amico mio,adesso che è finito il primo set ci andiamo a sedere sotto l ombrellone pronti per il prossimo
    Saluti Federico

  61. Me ne stavo in panchina a chiedermi se rispondere o meno a Carla e, qualora avessi deciso, se farlo direttamente o indirettamente. Avevo il timore di violare uno spazio privato, per quanto condiviso, oltre a quello di ferirla con parole troppo dure perché, un pochino, di rimbalzo, qualche scheggia della sua ultima esplosione è, per me, come sale su ferite ancora aperte o, forse anche meglio, recentemente ricruentate…. “Vorrei risponderle di rimbalzo…”, ho detto a Sorriso, “perché mi ricorda – e un po’ mi fa paura ricordarlo adesso che posso capire – il rapporto con mia madre. Lei, a suo tempo, ha tirato i remi in barca… evidentemente le sue paure o le paure del rivoltare le sue paure, erano più forti della voglia di vincerle per me, per dirmi con le azioni, più che con le parole, ‘ci sono, non sei solo, non devi fare tutto da solo’ “.
    Leggo e vedo che, in questo mio intento di comunicare con te, non sono solo. Non avevo dubbi sulla sua schiacciata. Quella educata, delicata ma decisa e, come sempre, profondamente passionale, di Mr Cavallo che Scalpita.
    Sorriso mi è testimone: sono recenti queste mie parole “mi aspetto una risposta di Federico, a questo punto…”.
    Eccola! Puntuale. Efficace. Gentile ma violenta. Di quelle – spero – che fanno riflettere. Anche me!
    Aperta parentesi… (“Ho cercato quell’amore in altre donne…”. Impressionante carenza/esigenza comune con Cavallo che scalpita…). Chiusa parentesi.
    Grandissima schiacciata, Federico!
    Spero di non ferirti, Carla, ma quello che decidi di non fare oggi per tuo figlio perché pensi che un buon spettacolo teatrale da mettere in scena tutti i giorni sia sufficiente per la sua serenità futura, è probabilmente inappropriato e insufficiente. C’ho le prove! …e le cicatrici! Qui dovrei mettere dei “forse”, perché una delle regole non scritte da rispettare qui dentro è quella di non dare consigli e prescrizioni ma, mentre lo dico a te, spero con la stessa delicata veemenza di Federico, lo dico soprattutto a me perché, per quanto adesso sia un momento migliore di altri devastanti che ho imparato a rimuovere un pochino, spero di riuscire a non fare gli stessi errori che sono stati fatti dai miei con me: i bimbi si sentono traditi se si accorgono che si giocava con carte debitamente e scientemente truccate, piuttosto che aver sentito dire “Huston qui Discovery… Mi sentire? Abbiamo un problema, un grosso problema… ma stiamo cercando di risolverlo per voi: stiamo lavorando per voi”.
    Ora mi faccio la mia operazioncina di matematica anti-spam, sottopongo la presente al filtro di Sorriso e, nel caso lo superasse e dovesse comparire in questa stanza, ti saluto con grande affetto perché sono genitore anch’io… e poi “batto un 5” al mio grande amico e compagno di avventure, …e di partite!
    Senzanome

  62. Ciao Carla,io sono un Signor Nessuno per te,ma sento il bisogno di scriverti perchè io sono cresciuto con una Mamma che non ha mai superato il fallimento del suo matrimonio.
    Quindi ti chiedo già scusa se quello che dirò ti potrà disturbare.
    Io sono ancora oggi a rinfacciarle,e dentro di me ancora non me ne faccio una ragione,del perchè non ha chiesto aiuto,del perchè ha fatto finta di non avere problemi,del perchè non mi senta amato da lei.
    La cosa che mi fa più rabbia è che lei ha condotto una vita stra regolare,con una facciata veramente insospettabile al occhio comune.
    Anzi quello che mi fa incazzare è che veniva osannata da tutti come la madre coraggio,la madre che ha cresciuto un figlio da solo.
    Tanto poi tutti rimanevano fuori da casa nostra,fuori dal contesto dove tornava e scaricava la sua rabbia e le sue frustrazioni su di un bimbo di 10 anni.
    Io ho iniziato ad aver il bisogno di scappare da lei,ho iniziato ad odiarla gia in tenera età.
    E tutto è rimasto quanto meno velato,fino a quando non sono più potuto scappare,quando per il bene che provo per mia figlia mi ha messo davanti a d una responsabilità che non potevo più rimandare.
    Allora sono iniziati i disagi,allora ho passato un Estate in casa a piangere,allora ho avuto un attacco di panico a Marina con lo scooter e sono tornato a casa,facendo 25 km senza sapere come fare a non cadere perchè tremavo.
    Allora ho smesso di fare tutto,ho portato la qualità della mia vita veramente ad uno schifo,avendo anche paura di uscire di casa.
    E in tutto questo lei lo sai che ha fdatto?
    NIENTE.
    Ha continuato la sua vita di M…a fatta su di un castello di carta.
    Non ha fatto niente davanti ad un figlio che le apriva il cuore dicendole che voleva il suo amore.
    Non ha fatto niente davanti a suo figlio che le diceva che non poteva andare avanti con i sensi di colpa.
    Non ha fatto niente di niente.
    Anche perchè ogni volta che parlavamo mi diceva che lei non capiva,che io non potevo capire,ecc
    Ma lo sai cosa ti dico,IO HO SEMPRE CAPITO,IO HO CERCATO AMORE IN ALTRE DONNE,IO HO AVUTO L ESIGENZA DI SOSTITUIRLA,A ME FA PENA.
    Ecco ti ringrazio per avermi alzato la palla,stavolta ho schiacciato io,vero Enrico?
    Spero però che questo mio sfogo di figlio ti possa dare quel coraggio e soprattutto quella motivazione necessaria ad affrontare certi tipi di paure.
    Almeno a me è servita.
    Il pensiero che mia figlia fra x anni potesse pensare che io per paura le ha scaricato addosso i miei problemi non lo avrei potuto accettare.
    Poi come dico sempre,mi rinfaccierà di aver sbagliato qualcosa di sicuro,ma di certo non che le ho tiratyo m…a addosso.
    Scusa di nuovo se sono stato duro,scusa di nuovo se ti ho mostrato l odio di un figlio,non fa piacere nemmeno a me,ma purtroppo è dentro e sto lavorando per farlo sparire.
    Saluti Federico

  63. Quando ho deciso di rivolgermi ad uno “psi”, e non l’avevo mai fatto prima perché più o meno avevo la stessa opinione di S., la motivazione me l’aveva data mio figlio e la qualità della relazione che stavo e sto costruendo con lui. Forte era ed è il desiderio di una vita vissuta con intensità e passioni al di fuori di luoghi comuni e consuetudini tanto rassicuranti quanto falsi ed alienanti: tutto riconducibile ad un’unica dimensione universale fondata su pochi banali stereotipi convenzionali ed omologati, concentrati “sull’apparenza” priva di essenza. Chi mi consigliò il nostro amico comune mi diceva già da tempo “ signora dia retta a me suo figlio sta bene è guarito è lei che ha bisogno d’aiuto. Lo faccia almeno per lui. Si porti pure suo marito.” Sull’autobus ci sono salita da sola e fino ad un certo punto il viaggio sortiva alcuni deboli effetti positivi; poi davanti ad una tappa scomoda che non sono riuscita ad esplorare sono scesa, non ho la forza né una motivazione. In realtà fino a quando il benessere in gioco era quello esclusivo di mio figlio, pensavo ne valesse la pena e che fosse meritevole di impegno da parte mia. Ora invece c’è davanti ai miei occhi il mio e tutto cambia. La mia “apparenza” sociale è già di ottime prospettive. Tangenti la perfezione che rassicura tutti. L’essenza invece non pervenuta, non coltivata, seppellita com’è sotto una coltre di indifferenza e superficialità, la mia prima di tutti: ne vale davvero la pena smuovere tutto? E poi che ne sarà di me? Il dolore e la sofferenza lasciano sempre strascichi ed ho paura di non reggerne il peso. Qualcuno però l’ha “sentita” quella essenza, forse il primo giorno che mi ha visto, quando ha fatto accomodare mio marito fuori la stanza delle confessioni, ad aspettare il suo turno. Ancora aspetta. Vi scrivo amici perché sento anch’io la vostra sofferenza e voglio condividere ora anche la mia. Con discrezione e rispetto.

  64. Buongiorno S e ben venuto tra noi.
    ti dico la verità,un pò mi si è gelato il sangue nel leggere i tuoi giudizi prima di Mister Sorriso,pauroso di poter vivere le tue esperienze,ma anche un pò sorpreso visto lo stato d animo che provo ogni volta che esco dalla seduta.In passato anche io ho fatto un altro percorso con un “psi” e tranne che se fosse stato per il fatto che mi ha imbottito di farmaci non sarebbe cambiato nulla.
    Adesso invece qualcosa sta cambiando,”Sorriso” è veramente diverso,il suo modo di fare,la sua terapia indiretta,è veramente una sorta di scuola. Io che sono tremendamente attento a tutto,mi rendo conto dove guarda,cosa osserva mentre parlo,come si pone,ecc e questo mi indica come devo fare,cosa sto sbagliando (per fortuna soprattutto in passato) e cosa sto facendo bene.Ci sono giorni che esco dallo studio e mi trovo a sorridere per strada da solo quasi come un ” deficente”…
    Mi ricordo che circa 4 mesi fa,è da 1 anno che sono sul “Bus”,preso dalla paura di parlare e di potermi liberare del peso che mia Mamma aveva su di me,lui guardandomi cambio espressione e con una faccia molto decisa,mi disse. “Ci penso io,sono qua apposta”. Da allora qualcosa è cambiato,quella parte che nella precedente terapia era rimasta ben nascosta è uscita fuori e adesso si sta facendo sentire. Da quando urlo non più in silenzio,la mia rabbia,il mio modo di fare scontroso,ecc sono quasi spariti,lasciando spazio sempre più alla serenità.
    Buon proseguimento a tutti
    Saluti Federico

  65. Gutta cavat lapidem. Evabbuò, dottor Bartalini, eccomi qua.
    E buongiorno a voi che già siete presenti.
    Racconto anche la mia.
    Come mai a bordo di questo autobus da oltre sei mesi?
    Nel mio caso, l’intenzione dichiarata era quella di salirvi con la mia compagna per trovare un linguaggio comune.
    Il motivo occulto era invece quello di trovare un aiuto per risolvere un rapporto che avevo ormai definitivamente riconosciuto come distruttivo, ma dal quale non riuscivo a liberarmi.

    Quale che fosse il motivo, sono salito a bordo con grande scetticismo nei confronti della psicoterapia e di tutti quelli che fanno una professione dal nome che inizia con psi.
    Ho cinquant’anni.
    Vent’anni fa, due o tre mesi di sedute con uno “psi-” dopo una disavventura professionale.
    Qualche anno dopo, cinque o sei mesi di una sorta di “terapia di gruppo” per riprendermi dai postumi di una separazione.
    Dieci anni fa, un anno e mezzo di terapia per capire e risolvere il perché di un continuo disagio e di una tristezza profonda, nonostante una nuova compagna e una vita con nuovi favorevoli orizzonti.
    Poi, ancora, due tentativi di terapia di coppia con la seconda ex moglie, durati entrambi non più di tre mesi.
    In tutti questi anni, ex mogli, compagne, amici, amiche, continuavano a fare il viottolo dai loro terapeuti; li osservavo, tutti presi a “lavorare su se stessi”, ad acquisire “nuova coscienza di sé”, a fare “importanti lavori di scavo interiore” e restare sempre identicamente uniti alle loro ansie e alle loro nevrosi come i licheni stanno alle rocce.
    Quanto avevo visto e osservato in vent’anni, su me stesso e sugli altri, bastava, ritenevo, per concludere che il lavoro degli psi- fosse qualcosa di simile a un’inutile pagliacciata, buona solo per il loro portafogli; poveri psi-, ormai consapevoli di nulla potere e costretti a credere nell’utilità del loro lavoro per dare un senso a anni di studio.

    Con quelle esperienze e questo giudizio entrai la prima volta nello studio di chi è stato qui ben definito “mister sorriso”.
    Mi sentivo una specie di mostro crudele, al tempo stesso talmente inetto da non esser neppure capace di liberarmi da una donna che giudicavo un mostro crudele perfino peggiore di me, in procinto di sedere avanti un imbonitore che prosperava sulle inestirpabili miserie di sfortunate anime umane.
    Uscii dal primo incontro con lo stesso stato d’animo; per certi aspetti ancora peggiore; solo una leggera incrinatura, dovuta all’impressione di avere avuto a che fare con “una persona seria”.

    Sette o otto mesi dopo.
    La mia vita continua esteriormente più o meno come da sempre.
    Dentro, invece, per la prima volta negli ultimi venticinque anni, c’è spazio per una sorta di pace: una autentica, profonda, gradevolissima, sottile novità.
    Le mie opinioni generali sugli psi- non sono cambiate molto. Ma riconosco concreta possibilità di ottime eccezioni.
    Ovviamente c’è anche una nuova compagna.
    Avanti così.
    Un fraterno abbraccio a tutti voi.
    S.

  66. Buongiorno
    Di niente Enrico,è stato talmente naturale quello che ti ho scritto che manco capisco perchè mi ringrazi, Sono contento però che ti abbia fatto piacere,siamo in due.
    Sai riferendomi a quello che hai scritto ” nemmeno due righe che concentrano il risultato incoraggiante di utilizzare in modo utile, per me e per altri, una mia attitudine che in passato non è stata cosi’ bene interpretata”,mi viene da aggiungere che secondo me l’ interpretazione è soggettiva a seconda del momento nel quale la persona che riceve il consiglio è più o meno ricettiva,e propensa ad ascoltarlo.
    Parlando un pò di me,posso dire che ho cominciato a fare domande e a ricevere risposte. Diciamo che il fulcro dei mie disagi dipende dal fatto che ho una convinzione sbagliata e che su quella devo lavorare. Per tanti questo potrebbe non significare niente,ma per me e per chi ha occhi per vedere è la prima volta che sposto l’attenzione su di me,non riferendomi a ” lei”… che sia l’inizio della fine?
    Io spero di si.
    Del resto i miei occhi si stanno aprendo e come ha detto il Doc,riportandomi una frase di un nostro “collega”,è come se la nebbia si stia dissolvendo,lasciando intravedere il sole.
    Beh non so se il proprietario di questa affermazione è presente in questo gruppo,ma ti voglio dire che hai ragione,che effettivamente uno dei risultati del viaggio è proprio quello,lasciar che con il tempo,con la sofferenza,e senza paura,piano piano le cose ci appaiano sempre più chiare.
    Ciao Ragazzi e Ragazze a presto
    Federico

  67. Per Federico (Cavallo che calpita).
    Rispondo solo adesso alla tua del 10 maggio non perchè non l’abbia letta prima o, ancora peggio, non mi sia piaciuta ma solo perchè, paradossalmente, mi ha fatto cosi’ tanto piacere da non sapere come contraccambiare i ringraziamenti che mi hai indirizzato. Oggi avrei voluto dire a Sorriso di trasmetterti il mio più sincero “grazie a te, Federico” ma poi mi sono dimenticato e i 45 minuti sono finiti alla svelta.
    Mi sono dimenticato: forse è l’inconscio che ha deciso per me perchè voleva che lo lasciassi qui il mio “grazie”, a titolo di pro-memoria; mia, soprattutto.
    Questo tuo pensiero… “Nel salutarvi voglio dire Grazie a Enrico, compagno di “avventure”, ancora che ti definisci senza Nome.
    Allora Grazie Senza Nome, Amico mio” …è quello che rimarrà una delle pietre miliari del mio percorso: nemmeno due righe che concentrano il risultato incoraggiante di utilizzare in modo utile, per me e per altri, una mia attitudine che in passato non è stata cosi’ bene interpretata. C’è tutto qui dentro, tutto quello che considero uno dei più sorprendenti successi del mio spiraliforme, altalenante, doloroso a tratti, personalissimo, Bartalinitour: c’è solidarietà, spirito di squadra, perfino un tipo nuovo, (di nostra innovativa fantastica produzione), di amicizia; quella tra persone sconosciute, appena reciprocamente percepibili, che si sono riconosciute senza mai conoscersi. Qua dentro c’è anche gratitudine reciproca e passione, nel bene e nel male, per le delicate, a tratti tragiche, ma bellissime, vicissitudini di queste nostre vite (le nostre personalissime “aventure”).
    Grazie a te, Federico, quando sarò sceso dal Bartalinibus, ogni tanto ti verrò a ritrovare qua sopra, per ricordarmi del buono e della pace che si può anche trovare dopo la tempesta. E poi grazie anche a tutti voi… Fabrizio, Carla, Elisabetta, Patrizia e tutti quelli che ci sono e non si vedono/sentono ma si possono ugualmente percepire.
    Grazie!
    enrico

  68. Ciao Enrico,e un Ciao a tutti coloro che visitano questo “Blog”.
    Devo dire che hai centrato un aspetto del mio carattere al quale ho dovuto inevitabilmente far caso,rafforzato anche dai ricordi. Anche quando giocavo,e non a pallavolo,provavo più gusto a far fare goal agli altri piuttosto che a farlo io. Credo che dipenda dal fatto che “fare un assist fa si che il resto della squadra ha la possibilità di scegliere se andare ad abbracciare chi ha segnato o riconoscere come più importante il passaggio. Diciamo che l apoteosi era quando l autore del goal riconosceva l
    assist e tutti insieme ci abbracciavamo…”.Credo che questo aspetto si possa spostare anche alla mia terapia.
    Ad oggi ho ancora forte il desiderio di far curare mia mamma,di aiutare lei,piu che me.
    Credo che dipenda dal fatto che io mi sento forte,che nonostante i miei difetti io ci ho levato bene le gambe da ciò che ci è successo .Mentre lei,lei no,lei non ha mai superato,lei si è fermata. Per un bel pò ho provato e sperato che potesse ripartire,ma la sua scelta è quella e devo iniziare a rispettarla,anche se a malincuore,anche se pieno di rabbia,ma devo iniziare a rispettarla.
    Mi fa male non poterla aiutare,essere impotente davanti a quel castello di carte che è la sua vita,davanti a quel equilibrio precario che ogni giorni mi si proietta davanti agli occhi e al quale devo assistere senza poter far niente.
    io e lei abbiamo vissuto in simbiosi per parecchio tempo,dopo Federico ha avuto la necessità di sostituirla,di andare a sentirsi amato da altre persone,persone sconosciute, nelle varie Regioni nelle quali ho giocato,donne che erano madri,che avevano un famiglia,e che si prendevano cura di me come un figlio,finendole per chiamarle Zie.
    Quando ho conosciuto mia moglie,ogni volta che suonava il telefono e le dicevo è mia zia,lei mi guradva con occhi strani,occhi del tipo,ma che famiglia allargata hai?
    Con il tempo,man mano che le ha conosciute e che si è resa conto cosa hanno significato per me sono diventate parte ” integrante della nostra famiglia,tanto che anche mia figlia le chiama Zia”.
    E lei?
    Lei tutto questo sicuramente lo ha capito,ma non gliene frega un fico secco,davanti a tutto viene lei,e mai una volta Federico.
    Non mi sembra giusto che un figlio debba cercare amore in tutte le persone che trova per la strada,che ha paura di tutte le persone che trova per la strada. Si io voglio bene a mia Mamma ma allo stesso tempo lei mi spaventa.
    Ecco dopo questo romanzo,uscito grazie alla tua alzata Enrico, mi viene da confidarti che inizialmente pensavo che tu fossi Bartalini.
    Si hai capito bene,pensavo che avesse cercato un modo diverso,più diretto,ma soprattutto più “umano” e non con il distacco dovuto al rapporto Dottore Paziente per comunicare con me,per darmi quel famoso calcio nel sedere che li ho dal primo giorno chiesto.
    Perchè questo Blog ragazzi mi ha fatto fare dei grossi passi avanti,vero è che è quasi un anno che sono sul “Bus”,però effettivamente è stata un giusto affiancamento alla terapia.
    Nel salutarvi voglio dire Grazie a Enrico,compagno di “avventure”,ancora che ti definisci senza Nome.
    Allora Grazie Senza Nome,Amico mio.
    Federico

  69. Siccome per me sei “Cavallo che scalpita”, rimani “Cavallo che scalpita”…
    Quindi… Caro Cavallo, ti dico che ti ho letto qualche giorno fa nel tuo comento alle “11 perle di saggezza” e poi, stasera, qua sopra, e mi dai sempre l’impressione di quello che alza la palla di bagher per farti ‘schicciare’ e fare il punto a pallavolo ma non è il punto di gloria per te che lo hai fatto, è il punto per tutti, per tutta la squadra. Il mio commento, laggiu’, è stato infatti veramente incoraggiato dal tuo e ho voluto ribadire con educata violenza per tutti, per tutta la squadra, alcuni aspetti che ritengo essenziali: ho per l’appunto detto a Sorriso, stamattina, “il mio commento alle ’11 perle’ è stato suggerito da Federico, dall’ormai comprovato nostro rapporto di collaborazione sconosciuta a distanza… é per dire a tutti coloro che li leggeranno, che non si spaventino troppo se, leggendo, in tutti o in alcuni di questi assiomi, si riconosceranno. Anzi, chi in essi dovesse riconoscersi, sia felice perchè, come è successo a me, e come – mi pare – sta succedendo adesso a Federico, è l’occasione per fissare il punto da cui allontanarsi grazie al faticoso quotidiano lavoro del BartalinitTour”. Spesso infatti, e piuttosto di recente, Sorriso aspetta una pausa del mio intermittente (ma insistente) inarrestabile sbobinamento e continuo ripercorrere di aspetti già affrontati, metodi individuati e utilizzati e risultati ottenuti, e poi dice “…mentre parlava di questa cosa mi è venuto da pensare a quanto ci siamo allontanati dall’Enrico di sei mesi fa… sono contento e mi esce fuori anche una puntina di orgoglio”.
    Ecco che, ripensando a tutto questo, mi pare che venga fuori l’intento piu’ vero e nobile di “racconta la tua psicoterapia”: testimonianze di percorsi diversi ma simili, fatti da persone diverse ma simili, che hanno affrontato il viaggio su’ bartalinibus diversi ma simili, con prospettive di benessere diverse ma simili: le ’11 perle’ sono il punto, il fondo del fondo che non è necessariamente la fine ma magari anche un po’ l’inizio di una visione nuova, di una persona nuova. Il traguardo di una lunga e fatiosa e dolorosa maratona, oltre il quale ne possiamo iniziare un’altra con uno Spirito nuovo e forze nuove, forti della consapevolezza di aver lasciato tanto dolore prima di quel traguardo, dolore che ci fa magari anche onore ma che certamente non era né utile né necessario, e, superato, ha lasciato spazio ad una nuova serenità.
    Cavallochescalpita…, se me la alzi, questa volta non la schiaccio ma te la rialzo e ti mando a rete: facci vedere una bella schiacciata!
    con affetto,
    Senzanome

  70. Buongiorno
    quando il 25/4 mi sono collegato e ho visto un nuovo articolo mi sono subito incuriosito,cosa che non mi era capitata per quello del Mobbing,nel leggerlo mi si è gelato il sangue.
    Ma vuoi vedere che “Sorriso” ha lavorato per me anche il 25 Aprile….
    Ma soprattutto mi ha dato i compiti a casa,ha finalmente aperto i miei occhi,o quanto meno ha sperato che il risultato finale fosse questo?
    E bene si,quello è il mio salvagente!!!!
    Come spiegato nel commento del articolo,adesso sta a me,quello che ho sempre desiderato sapere,quello che mi ha sempre angosciato,adesso sta li davanti a me,scritto nero su bianco.
    Sul momento si è materializzato in me una curiosità forte del perchè?
    In due giorni questa curiosità è scemata e si sta facendo largo più che altro altre domande,più sane,più appropriate,almeno credo. Come faccio a uscire da questo stato? Cosa posso fare di utile per migliorare? posso finalmente smettere di cercare?
    Una cosa di sicuro è successa,Giovedì mattina qualcosa è cambiato,ho fatto una cosa che non mi sarebbe mai sembrata possibile,ho ripartito le mie esigenze a più persone e mi sono goduto una bella giornata,senza avere bisogno di lei…
    Se questo è successo solamente leggendo un articolo,sono fiducioso che con il lavoro del Doc potrà migliorare sempre più.
    Saluti Federico

  71. Per prima cosa ringrazio di cuore Federico per gli apprezzamenti che mi hanno fatto molto piacere.
    Poi ,cosa bizzarra, almeno per me, sento il bisogno di esprimermi, di raccontarmi e questo è
    molto nuovo per quanto mi riguarda. Fino a pochi mesi fa non volevo che gli altri scoprissero i miei pensieri, anzi li tenevo nascosti quasi gelosa che venissero violati (forse perché erano come nuvole grigie in un cielo ancora più scuro) oggi invece il sole fa capolino e tutto è visto sotto una luce nuova.
    Mi è stato chiesto come mi sentivo lo scorso anno
    di questi tempi prima di decidere di fare ricorso alla psicanalisi.
    Come mi sentivo? Certamente non bene, ma era la mia vita, triste, cupa, ansiosa, ma non ne conoscevo un’altra, o meglio non sapevo che potesse essere modificata in meglio, che avrei potuto vedere le varie fasi della vita con angolazioni diverse, con più tranquillità e risolvere i vari problemi che si presentavano e si presenteranno ancora senza tutta quell’ansia e angoscia che avevo dentro di me e che mi faceva vedere tutto più brutto e più difficile.
    Mi è sempre piaciuto modificare le cose, fare dei piccoli cambiamenti nella mia casa: la vivo e la amo molto, è stata spesso il mio rifugio e con il suo calore mi ha coccolato nei momenti tristi.
    Mi piace creare dei piccoli e nuovi spazi, ma credevo che questo fosse limitato alle nature morte e non estendibile alle persone. Invece ciò è accaduto almeno per me ed è molto piacevole notare piccoli e grandi cambiamenti nel mio modo di essere e di pensare.
    Sono sempre la stessa persona, faccio le stesse cose ma con molta più calma, con piacere direi
    senza sentirmi obbligata come mi sembrava un po’ di tempo fa ..
    Oggi sono libera di fare, di non fare, di sbagliare anche e soprattutto senza il pensiero che gli altri mi giudichino.
    Prima ero molto più introversa, nascondevo i miei malesseri e malumori dietro un sorriso di
    circostanza che mi faceva ancora più male. Mi sentivo oppressa, schiacciata sotto il peso dei miei
    doveri con sopra di me un macigno che non sapevo e non volevo rimuovere..
    E’ proprio vera la frase di jung che è in prima pagina sul sito che dice che preferiamo ignorare la verità per non soffrire, per non guarire perché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere completamente vivi. Io oggi non ho paura di essere viva, anzi lo voglio con tutte le mie forze, per me e per i miei cari che anche se non volendo forse ho fatto soffrire.
    E’ proprio vero, possiamo cambiare possiamo farcela ,siamo sempre noi ma nello stesso tempo
    diversi e in questo nostro cammino ,anche spesso faticoso,abbiamo un conducente valido che
    ci aiuta a far uscire le nostre vere potenzialità che, c’erano anche prima, ma noi non volevamo
    e non riuscivamo a vedere..

  72. Finalmente il Grande Capo…ben tornato,anche se non sei mai andato via,ma sei stato solamente seduto ad ascoltare.
    Mi permetto solamente di aggiungere una precisazione al tuo commetto basata sulla mia mia personale esperienza a bordo del ” Tour “…
    Ho iniziato la terapia tanti mesi fa e Mister Sorriso non ha fatto altro che stare seduto a deliziarmi di sguardi e pochi sorrisi.
    Man mano che il percorso migliorava e che superavo vari step il suo atteggiamento cambiava aumentando i sorrisi.
    Poi abbiamo raggiunto una fase di stallo 2 settimane fa e mi ha demolito con la frase ” lei boicotta la terapia “. Apriti cielo,ho iniziato a negare rigirandomi sul divano come fa un anguilla nella rete.
    3 giorni dopo la terapia ho iniziato a piangere come un bimbo dal niente e ad oggi ho fatto molte più cose in 10 giorni che in sei mesi.
    Tutto questo per raccontarvi che non è vero che non ci tira un salvagente,ma che prima ci prepara a non aver paura ad entrare in acqua dopo di che ci lancia il salvagente in mare aperto consapevole che la nostra apertura mentale ci consentirà di non avere paura nel raggiungerlo.
    Se me lo avesse lanciato 15 giorni fa o fin dal inizio non sarei stato in grado di capire ed apprezzare.
    Quindi il succo della mia esperienza va racchiuso nel fatto che fino a che non siamo pronti e non ci lasciamo definitivamente andare,desiderosi di abbandonare le nostre paure come splendidamente espresso da Elisabetta,fiduciosi nel operato di Sorriso,non riceveremo nessun salvagente,ma soprattutto non ci verrà alzata l asticella delle possibilità,mantenendo in noi la consapevolezza di poter raggiungere solo un basso profilo di noi stessi.
    Superata questa “ribellione allo stare bene “,perchè tutto ciò che è nuovo spaventa,verremo guidati per mano verso una consapevolezza nuova.
    L importante è fidarsi di quella mano che ci viene tesa.
    Saluti Federico

  73. Scrivendo su cellulare si incappa in errori di scrittura… spero non di concetto ma è bene chiarire: “ma, non per questo, è o sarà mai solo!”. Ok, così va meglio!

  74. …ci sono, ci sono, Cari Percepibili. Mi sono fermato, sia nella corsa che qua sopra. Credo che sia il momento di rendere veramente percepibile questa “stanza”. Prima l’abbiamo riempita di parti di noi, adesso la riempirei di silenzio, di un silenzio che tutto è fuori che silenzio e assenza (è presenza e condivisione di tormenti privati, diversi ma comuni e del tutto normali!); é per questo che spero che queste nostre parole possano essere di conforto e di speranza per chi dovesse incapparvisi: chi capita qui avrà conosciuto parti percepibili di persone che non conoscerà mai ma, non per questo, è e non mai sarà solo! Non li vedete ma avete tanti compagni di viaggio che fanno il tifo per voi.
    Nessuno perda la speranza, anche quando è la parola più lontana che si possa immaginare. Sorriso farà il resto: non vi lancerà un salvagente, vi insegnerà a nuotare da soli! Ci proverà…, con la vostra collaborazione. Buon viaggio a tutti.
    Un abbraccio,
    Senzanome, un indiano percepibile e silenzioso qualsiasi.

  75. Complimenti Elisabetta,tua figlia è fortunata,peccato che nella mia vita i ruoli siano invertiti e i miei risultati non creino le stesse reazioni….
    Avere una madre che per X motivi decide di rasserenare la propria mente deve inogloglire tua figlia,brava.
    Poi leggendo bene la serenità della quali parli io è da un pò che l ho raggiunta,peró nn avevo mai fatto caso ad una motivazione come da te espressa.
    Dai ragazzi che ce la facciamo,Carla non ti mollare..
    Ma il Grande Capo sarà tornato da correre o sarà sempre li che medita?
    Saluti Cavallo che vuole smettere di scaplitare…..

  76. Eccomi di nuovo e inaspettatamente qui con ancora il bisogno di raccontare il proseguire del mio viaggio.
    Più l’autobus va avanti la strada, all’inizio tortuosa, sta diventando a mano a mano una bella strada panoramica con ancora qualche curva di troppo, ma con la certezza di un rapido e spero bellissimo traguardo.
    Parlando giorni fa ho raccontato che oggi stranamente ho meno certezze di qualche tempo fa, ma sono più serena e questo mi sembrava molto strano.
    Poi, ripensandoci meglio, ho capito che le mie certezze non erano altro che le certezze delle mie paure. Io ero imprigionata in queste e non potevo, o meglio, non ero capace di uscire dai miei tormenti quasi non ne potessi fare a meno: erano diventati, mio malgrado, dolorosi compagni di viaggio.
    Oggi, come ho detto, ho meno certezze: tutto può cambiare, evolversi, io posso cambiare, posso decidere liberamente e finalmente con serenità ( che bella parola SERENITA’), il mio vocabolario l’aveva dimenticata, oggi, spesso, fa parte di me e della mia nuova vita. Giorni fa mi sono aperta con mia figlia e quando ho finito di raccontarle la metamorfosi positiva che avveniva dentro di me ho visto due lucciconi nei suoi occhi, ci siamo abbracciate; è stato un momento molto bello di commozione e felicità e questo mi spinge ancora di più a continuare il viaggio con il ( mi piace definirlo) “chirurgo estetico della mente”.
    Sto facendo un lifting alla mia mente, quando sarà finito sarò veramente giovane!

  77. Oggi ho imparato che se pensi di essere il centro del mondo il mondo e’ molto piccolo. In realta’ ambedue le cose sono false. Credo che nei prossimi mesi dovro’ lavorare (anche) su questo. Notte. Fabrizio

  78. Cari percettibili,
    fate molta compagnia anche a me. A dire il vero spiare le vostre emozioni mi aiuta a cercare le mie e mi corrobora. Il nostro amico comune intanto se ne sta lì, in attesa di un tracollo che non posso permettermi. Niente “consigli né strategie né trucchi né soluzioni” (Enrico hai un vero talento a stanare le emozioni dormienti di chi si inerpica in quello studio!). E’ davvero faticoso, non me l’aspettavo.
    Cordialmente,
    Pagina bianca.

  79. Caro “Cavallo che scalpita”, ti ringrazio per i due bellissimi nomi indiani nuovi proposti e per l’attestazione di stima maaa… mahhh… booohh!? Mi verrebbe da dire “ma so una s..a io…” (e scusate la volgarità!).
    Proprio stamani parlavo con Sorriso di questi aspetti, croce e delizia di una naturale predisposizione a unire, raggruppare, scavare nel profondo delle persone e trovare, quindi, punti di connessione tra essenze pure, scomposte e decifrate in ogni loro aspetto e poi interconnesse (forse l’utopia di un folle?); un ruolo che mi ha sorpreso in altre occasioni e, in una in particolare, mi si è addirittura rivoltato contro: predisposizione che, talvolta, può quindi far rima con “maledizione”.
    La tua proposta e le tue osservazioni necessitano di una risposta piu’ completa e non scritta “di pancia”, come mi verrebbe da fare adesso che ti ho appena letto. “Ci devo pensare…”, sono infatti le parole con cui ho lasciato Sorriso stamattina, allo scadere di 45′ che mi sono volati (io, quelli di quel tipo, li chiamo i “45 minuti gratis”. “Gratis” perchè, alle volte, salgo le scale e penso di essere a un punto fermo e di non sapere bene cosa dire; poi io e/o Sorriso apriamo il rubinetto e le cose vengono giù da sole, piano piano).
    Credo che questa prima risposta incompleta mi possa aiutare a dare le risposte che devono essere date faccia a faccia con Sorriso, nello Studio di Sorriso e, poi, casomai, anche quelle che possono essere date qua dentro.
    Ora vado a correre e a cominciare a pensare alla risposta che adesso non so darmi… dargli… darti… darvi.

    Con affetto,
    “Senzanome”, un indiano qualsiasi.

  80. Buongiorno a tutti
    soprattutto un ben arrivata ad Elisabetta.
    Caro Enrico io direi visto che “Senza nome” a me non piace, se a te va ti battezzerei il “Grande Capo” o il “Saggio”,che ne dici?
    Per due motivi,il primo che il metodo di raffigurarci in una tribù è tuo e quindi ritengo giusto che tu muova le fila.
    Secondo perchè ti riconosco un ruolo di leader che a me manca e quindi faccio un passo in dietro e ti ascolto.
    Si Doc ha capito bene….non proprio contento,ma provo a farlo….
    Per spiegare meglio questo passaggio,mi riallaccio al soprannome datomi dal Grande Capo,che calza a pennello.
    Lunedì Mister Sorrisetto con una mezza frase mi ha scatenato l inferno dentro.
    Faccio fatica ad ammetterlo,ma sarà il caso che inizi a farlo,che per il Cavallo che scalpita è arrivata l ora che di farsi “domare”,l ora che smetta di correre da solo per le praterie,sfuggendo dalle sue paure timoroso che qualsiasi fantino possa usare su di lui la frusta solo ed esclusivamente per picchiarlo e non per farlo rendere al massimo spronandolo a tirare fuori il meglio di se.
    E’ arrivato il momento per quel cavallo di ritirarsi nel proprio box e gustarsi la paglia che per lui è stata raccolta,buona forse di piu di quella brucata nelle praterie.
    Di dormire insieme agli altri e di non essere ribelle al padrone ( sistema ),di rispettare li spazzi degli altri cavalli e non per forza aver bisogno di un box tutto suo.
    Di diventare un pò piu umile,senza per forza avere l esigenza di essere il numero uno,perchè ci sarà sempre un purosangue più bravo di lui.
    Di pensare al ruolo che il padrone li ha riservato,quello di padre di una bellissima puledrina e non piu di cavallo da corsa.
    Saluti Federico

  81. Ciao. Ringrazio per le parole di benvenuto.. Si anch’io concordo per un raggruppamento del botta e risposta… anche se direi che al momento e’ “fruibile”… ma credo che, pian piano, se si aggiungeranno “voci nel coro”, sara’ un po’ piu’ complicato trovarne la testa e la coda. A presto. Fabrizio.

  82. Allora, prima di tutto un saluto a Fabrizio, che scrive benissimo ed è molto piacevole da leggere, e a Elisabetta, che dice di non essere giovane ma mi pare avere quella freschezza reattiva che, probabilmente, esce fuori sul Bartalinitour dopo una prima fase un po’ interlocutoria e dopo un’altra fase importante – per quanto mi riguarda mi viene da dire ‘fondamentale’ – che è quella di perdonarsi, ma perdonarsi parecchio, perdonarsi sul serio e definitivamente.
    Fatta questa doverosa premessa, con Mr Sorriso stamani si metteva in evidenza la necessità di dare un ordine a questo Sezione di dialogo aperto, soprattutto non per noi altri, che siamo in corsa e andiamo più o meno quotidianamente a rileggerci nei nostri scritti, sia i nostri che quelli degli altri, orientandoci abbastanza bene, ma per chi invece dovesse aventurarsi in questa “selva oscura” di pensieri spesso già di per se indecifrabili, posti senza un ordine preciso: intrecci di “botta e risposta” dove la botta sta da una parte e la risposta dall’altra…
    A questi lettori, prima che si stanchino di cercare e non trovare un filo logico, un ordine cronologico, un senso, a tutte queste parole srotolate e intrecciate, chiedo, prima di tutto, scusa: scusate!. Scusate se c’è un gran casino qua dentro ma siamo, insieme al Dottor Bartalini, il primo gruppo atletico di soggetti psicanalizzati a disposizione 24 su 24 sul web. In un mondo dove è più interessante il segreto e l’irracontabile pubblicamente, questa sezione e potenzialmente più interessante di facebook… chi è solo curioso, animato da quella curiosità morbosa che affligge tante vittime di questo Sistema basato sul nulla, avrà difficoltà a capirci qualcosa: mi dispiace! Tolto lo sfizio di un po’ di pubblica banalissima polemica, mi rivolgo, adesso, a chi invece, nel proprio travaglio interiore, cercasse veramente un aiuto e incappasse in questa parte di https://www.paolobartalini.it : scusate la confusione, stiamo cercando di migliorare anche questo aspetto logistico; spero, come è accaduto a noi, che troviate in queste righe un aiuto, un conforto e un consiglio su un numero giusto da comporre e, poi, quando vi sembrerà il momento, su un campanello giusto da suonare per cominciare il viaggio verso una vita migliore.
    Tra le persone a cui rivolgo le mie scuse ci sono anche quei familiari che, durante questo percorso, attendono con ansia e trepidazione il proprio caro che esce da Via Gaetano Boschi 36, con il timore nel cuore e in una testa di veder improvvisamente cambiare l’altro “…chissà cosa ha capito oggi? …chissà cosa ha scoperto? …chissà cosa farà adesso?”. Tranquilli! Abbiate fede, e abbiate pazienza per questo caotico susseguirsi di pensieri e testimonianze; se volete, anche se non fate parte del “gruppo sportivo”, potete commentare, chiedere, fare domande: nei limiti del possibile potrete avere risposte soddisfacenti e, soprattutto, rassicuranti.
    Ora due cose. Una a Fabrizio e l’altra a Federico (parecchio scalpitante e curioso).
    Anzi, visto che Federico solleva il rischio di essere preso e internato con un TSO, cosa che a volte ho detto anch’io a Bartalini a inizio seduta (“dopo quello che Le racconto oggi, forse mi farà ricoverare”), posso anch’io tranquillamente essere preso per pazzo (tanto, anche se o fosse, già sto frequentando uno “strizzacervelli…”) raccontandovi che oggi mi è venuta in mente l’idea di darvi un nome indiano, come se foste/fossimo in una tribù. E’ un mio personalissimo metodo per raffigurarvi mentalmente e ricordarmi come siete, cose dite, cose mi avete detto, e quello che ho da rispondervi o da dirvi.
    Elisabetta è nuova ma ci metto un attimo a trovare un nome anche a lei.

    Federico: Cavallo scalpitante.
    Fabrizio: Lo Scrittore-poeta.
    Carla: Pagina “bianca”.
    Elisabetta: RiGiovane mamma.

    Il mio non riesco a darmelo, in questo momento, quindi mi battezzerò Senzanome (questo sarà il mio nome indiano provvisorio. So che Bartalini sorriderà leggendo questa parte di provvisorietà fantastica).

    Ok. Detto questo, mi rivolgo a Fabrizio: ti ho letto con molto interesse. Di te mi piace il tuo modo di scrivere fluido e corretto, la chiarezza nell’esposizione (a differenza di quella mia e di Cavallo scalpitante -solo in alcuni momenti, Federico! :-)- dove spesso, mi rendo conto, si perde il filo logico ed è difficile capirsi a rileggersi, figuriamoci farsi capire…). Leggendo te che dicevi di esserti riconosciuto in quell’Enrico che ricominciava a risentire (e a voler ascoltare!) quella vocina, mi sono a mia volta riconosciuto nelle tue parole: in pratica si è instaurato un circolo virtuoso di riflesso di un riflesso; tipo quando ti guardi a uno specchio con uno specchio posto anche alle tue spalle: vedi diversi riflessi di te e, se si potessero vedere gli infiniti riflessi, vedresti un te non istantaneo ma un te in momenti diversi della tua esistenza. A questo punto potrebbe scattare il TSO anche per Senzanome, ovvero Io, me ne rendo conto… Insomma, mi hai fatto da specchio facendomi accorgere di una cosa da non dimenticare e da mettere sul piatto della bilancia e per questo ti ringrazio.
    Finisco rivolgendomi a Cavallo che scalpita.
    Nel mio sogno ero in una stanza con una finestra. Io ed Enrico-bambino guardavamo fuori. C’era un lago dove non si vedevano pesci ma, a tutti e due sarebbe piaciuto vederne. All’improvviso ne compare qualcuno, poi altri, poi tantissimi ma sono morti e galleggiano sull’acqua. Nella stessa stanza c’era la presenza appena percepibile, e solo da Enrico-grande. Era come una presenza ologrammatica di una figura femminile che poteva essere una tre le tre, o anche una sola, fatta però di parti di tutte e tre delle figure femminili più importanti della vita di Enrico.
    Il sogno parlava di vita: l’acqua è sempre sinonimo di vità (me lo ha detto Bartalini) e, almeno per me, anche di un mondo ideale dove andare a rifugiarmi fisicamente, o anche solo mentalmente, per scappare da un rapporto tormentato che c’è fuori dall’acqua, probabilmente in maniera diversa ma similare, non solo di Enrico Vs Enrico ma anche con queste tre figure, figure da proteggere ma anche da cui Enrico si aspetterebbe di ricevere qualcosa e non solo dare, affrontando il rischio di isolarle in tre sfere di cristallo, confinandole in una dimensione che non è quella idonea per i tre ruoli che si può legittimamente attendere da ognuna di loro. Il sogno diceva a Enrico… “prenditi i tuoi tempi, prenditi i tuoi spazi, non sentirti strano o diverso se stai bene da solo ma non esagerare nel frapporre tra te e loro il mezzo del distacco dalle persone a cui vuoi bene, per timore di farle soffrire; perchè il distacco che metti con amore tra te e loro, può diventare pericoloso come l’acqua per i pesci, che da vita può diventare morte, perchè diventa lontananza e può sconfinare nella rassegnazione di non poter nient’altro… Vigila quindi su queste persone ma non le confinare in tre sfere di cristallo. Parla con loro. Raccontagli cosa temi per loro e chiedigli di aiutarti ad aiutarle senza più correre il rischio di perderle e di odiarle per averle amate troppo”.

  83. Ho intrapreso questo viaggio da soli sei mesi e la mia visione della vita è cambiata notevolmente in meglio.
    Non mi ero mai avvicinata all’analisi e alla psicoterapia in genere, non sapevo come si sarebbero svolti i colloqui. Mi avrebbe fatto delle domande? dei test? Avrei dovuto raccontare tutta la mia vita? Che vergogna raccontare tutto di me, cose che nascondevo anche a me stessa.
    Ci ho pensato per molto tempo e ne ero attratta, ma forse ne avevo un po’ paura o forse non ero completamente pronta. Non sono giovane e venti anni fa c’erano dei pregiudizi su queste terapie anche se del tutto sbagliate ,ma ho dovuto venire qui per capire.
    Una volta presa la decisione, anche se sofferta, non sapevo a quale psicoterapeuta rivolgermi.
    In questo ho trovata un valido aiuto con Internet ( aiutata da mia figlia, perché sono o meglio ero molto imbranata. Anche in questo mi ha cambiata la psicoterapia: riesco a fare cose solo per me, che piacciono a me e alle quali non avevo mai pensato.
    Insomma, sono andata su internet e mi sono imbattuta nel sito del dottor bartalini; ne sono rimasta piacevolmente colpita dall’impostazione di esso e dal viso aperto e comunicativo del dottore e così ho preso un appuntamento e ho cominciato il mio viaggio.
    E’ vero! All’inizio ho provato le stesse sensazioni e perplessità di Enrico che ha coniato il bartalini tour e che ho letto con piacere ritrovando un po’ di me stessa.
    Sono arrivata arrabbiata con il mondo intero, mi sentivo sfruttata e mai capita da nessuno, insomma, vivevo proprio male e da ormai troppo tempo.
    Credevo di non saper cosa dire come cominciare e come chiedere aiuto! Ne avevo proprio bisogno, ma il bartalini quasi senza che me ne accorgessi con una parola, un gesto, un sorriso mi ha fatto aprire e sono partita come un fiume in piena grazie a lui mi sono analizzata, ho guardato dentro me stessa, anche con molta sofferenza, ho pianto, mi sono odiata ma poi mi sono perdonata, capita e amata e se non del tutto perdonati, anche i dolori e le persone che me li hanno procurati sono molto più lontani e fanno meno male.
    Sono arrivata qui cercando di trovare qualcuno che mi mettesse una mano sulla spalla per consolarmi e aiutarmi a stare meglio e l’ho trovato! Ma con mia grande meraviglia con tutto il lavoro fatto su me stessa la mano sulla spalla era proprio la mia!
    e’ stata una bella scoperta e inaspettata , grazie bartalini !

  84. Ciao Federico,
    ho letto ora il tuo commento e quindi anche gli auguri di Buona Pasqua che, naturalmente, rifaccio a te e a tutti (anche se ormai per la prossima…). Mi fa piacere che tu parli di “squadra”: proprio oggi Mr Sorriso, parlando dei risultati incoraggianti di questa sezione sperimentale del suo sito, mi ha fatto l’esempio di un gruppo di persone che corrono insieme. Mentre lo faceva, credo di essermi immaginato una pista da atletica e un gruppetto di mezzofondisti che si alternano per “fare il passo”, per aiutarsi gli uni con gli altri, per darsi quel valore aggiunto che solo un – mi verrebbe da dire “movimento collettivo di intenti” perché stò leggendo un libro che parla più o meno di queste cose – può dare; come una squadra, appunto. Bartalini mi parlava anche di chi sta fuori, al di là della recinzione (familiari, soprattutto) che vedono con una sorta di timore, forse diffidenza, certamente senso di allontanamento, il proprio caro “atleta” prodigarsi in qualcosa di faticoso ma attivo, reattivo (talvolta rabbioso), per cercare soluzioni nuove mentre invece loro stanno fermi, fuori dal campo, “fermi al palo”. Ecco, di tutte quelle persone, una in particolare io la vedrei bene sul Bartalinibus, la percepirei e ascolterei volentieri nella stanza delle testimonianze al buio; di quella persona attenderei con ansia quello che scaturisse fuori dal ribaltamento (lo “smottamento” di cui parla Carla) delle zolle del suo terreno intimo, abbandonato da troppo tempo e mi piacerebbe, prima o poi, che fosse con noi in questa lunga e faticosa “corsa di squadra”. Se potessi parlare con questa persona mi fermerei un attimo (tranquilli! Tanto, casomai, vi raggiungo!) e mi uscirebbero queste parole… “abbiamo tempo, abbiamo ancora tanti giri da fare… non ti preoccupare… io giro in tondo: mi allontano ma poi mi riavvicino. Perché non corri anche te? Va bene, non ora ma qua dentro c’è anche una specialità che si chiama staffetta… vorresti prendere in considerazione l’ipotesi di metterti, un bel giorno, scarpette e pantaloncini e correre anche te insieme a questi sconosciuti percettibili, ormai affezionati, compagni di squadra!? Fallo per te, prima che per noi, perché poi saremo ancora “solo noi due”. Fallo per te, prima che per noi, perché se non saremo “solo noi due”, saremo “noi due da soli” ma vorrò avere la certezza che stiamo bene. Abbiamo tempo, tanto tempo, ma fallo! Ti prego di farlo, …prima che il tempo passi e mi dica che forse non l’hai voluto fare. Non dirmi “ma io tanto ti amo”, fallo e basta! Ora scusami ma devo raggiungere gli altri. Ciao…”.

  85. Ciao Fabrizio
    ben venuto e complimenti per la Poesia scelta.
    Diciamo che il Tour è partito da molto lontano e ad ogni fermata con curiosità aspetto di vedere chi sale desideroso di scambiarci uno sguardo,un saluto,cosciente che si tratta di ” un compagno di merende” che come me ha deciso di affidare all’ autista la propria vita. Consapevole che il viaggio sarà lungo,la strada non sempre asfaltata,pioverà,ma prima o poi arriveremo a destinazione e man mano lungo il viaggio le cose miglioreranno per tutti,chi prima o chi dopo,ma il bello di stare in gruppo è il supporto che desidero dare e che vorrei ricevere da tutti,semplicemente leggendo,sapendo che non sono solo.
    Saluti Federico

  86. Ciao a tutti, anch’ io come voi sono salito sul bus, anche se non da molto tempo. Nel leggere il blog mi sono accorto che, per me, e’una parte integrante del viaggio e, credo, che continuera’ a esserlo. Dal blog riesco a capire che i problemi sono diversi, ma che soprattutto possono essere (e sono) visti con occhi diversi.
    Ho vissuto per anni facendo cose che non mi piacevano solo per la gratificazione di coloro che mi avevano appiccicato addosso un ruolo; questo mi dava piacere altrimenti non avrei lasciato che, il ruolo, mi rimanesse appiccicato.
    Ad un certo punto della vita pero’ e’ successo che il mio corpo si e’ ribellato ed e’ comparsa l’ ansia. E gli attacchi di panico. Adesso i secondi sono scomparsi. Ok so che ci sono cose peggiori, ma credo anche che siano entrambi segnali forti del fatto di andare in una direzione non propria. E sopratutto cio’ che sprigionano (la paura) non mi permetteva e non mi permette (da quando sono sul bus per fortuna mi succede un po di meno) di andare dove volevo/voglio e di sapere cosa voglio.
    Il senso e’ che se vivi la vita che vogliono che tu viva, arriva un momento in cui non sai piu’ da che parte andare e inizi a ripiegarti su te stesso.
    Questo per dire che ho soffocato per anni la “vocina” della quale parlava Enrico e che in realta’, e in tutta sincerita’, la prima volta dopo anni (tanti) che ho “drizzato le orecchie per sentire” e’ dopo aver scoperto parlando con Bartalini che, la vocina, ce l’avevo ancora.

    Mi e’ poi piaciuto rileggere la “desiderata” di Baltimora. Ricordo di averla ricevuta da un’ insegnante al liceo e che, al tempo, pensai che contenesse quelle poche e importanti “cosette” che sarebbe bene portare sempre dentro di se. Ora, sebbene condivida appieno il senso delle parole della “desiderata”, e creda che siano condivisibili dalla maggior parte delle persone (che siano o che non siano sul bus) per tornare a “vivere” appieno credo sia necessario che io, non solo le faccia mie, ma che, le dimentichi. Solo cosi’ riusciro’ a adoperarle in modo naturale. Non resteranno tutte con me, e, non tutte quelle che ci saranno all’inizio, lo saranno piu’ avanti; magari se ne aggiungeranno di “nuove” mentre – a volte -le “nuove” rimpiazzeranno le “vecchie”. Ovviamente non e’ tutto cosi semplice, non si riduce tutto alle poche regole della desiderata. Altrimenti non sarei salito.
    Avrei solo voluto farlo un po’ prima, ma – forse – cercare di accettare il fatto che certe cose si fanno e si possono fare solo quando son maturate e che sarebbe meglio concedersi il tempo per lasciare che questo accada (penso non solo al salir sul bus, ma anche a tutto il resto) e’ gia’ un modo per iniziare a leggere, imparare e – poi – dimenticare.
    Non so quanto ci vorra’, ne’ se quello che mi aspetto (e/o che credo di aspettarmi) sara’ cio’ che trovero’ al termine del viaggio, ma – per il momento – non mi interessa. So che da quando sono salito a bordo ho visto cose che mi son piaciute e, altre, che mi son piaciute meno. L’ho messo nel conto e riaccadra’; pero’, nei momenti di difficolta’, so che posso parlare al conducente e, questa, non e’ l’unica bella stranezza del bus sul quale sono montato… posso anche, e l’ho fatto, sedermi sul tetto, o, non metter le cinture, o, chiedere di fermarsi un’attimo per una sosta. E questo e’ gia’ abbastanza per me per continuare.
    Lascio qua sotto una delle mie poesie preferite che rappresenta la vita come spero di poterla vedere e pensare di nuovo (e vivere!!) al termine del viaggio sul bus guidato da Bartalini. La poesia e’ di Kavafis. Si intitola “itaca”. A presto. Fabrizio.

    Itaca

    Quando ti metterai in viaggio per Itaca
    devi augurarti che la strada sia lunga,
    fertile in avventure e in esperienze.
    I Lestrigoni e i Ciclopi
    o la furia di Nettuno non temere,
    non sara` questo il genere di incontri
    se il pensiero resta alto e un sentimento
    fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
    In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
    ne’ nell’irato Nettuno incapperai
    se non li porti dentro
    se l’anima non te li mette contro.

    Devi augurarti che la strada sia lunga.
    Che i mattini d’estate siano tanti
    quando nei porti – finalmente e con che gioia –
    toccherai terra tu per la prima volta:
    negli empori fenici indugia e acquista
    madreperle coralli ebano e ambre
    tutta merce fina, anche profumi
    penetranti d’ogni sorta; piu’ profumi inebrianti che puoi,
    va in molte citta` egizie
    impara una quantita` di cose dai dotti.

    Sempre devi avere in mente Itaca –
    raggiungerla sia il pensiero costante.
    Soprattutto, non affrettare il viaggio;
    fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
    metta piede sull’isola, tu, ricco
    dei tesori accumulati per strada
    senza aspettarti ricchezze da Itaca.
    Itaca ti ha dato il bel viaggio,
    senza di lei mai ti saresti messo
    sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

    E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avra` deluso.
    Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
    gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.

  87. Ciao Enrico
    mi fa piacere leggerti,e sono contento di aver dato qualcosa senza volerlo ma solamente raccontando,questo era l intento del Doc e adesso lo capisco.
    Bene allora prendendo spunto da due tue osservazioni ti dico:
    – Non conosco bene la vicenda Brosio sua Mamma,ma se si tratta di Odio Amore la sposo in pieno,è il sentimento che mi affligge,ma soprattutto che mi fa vivere male i miei cambiamneti.
    Diciamo che sono inversamente proporzionali e adesso stanno pendendo dalla parte del Odio.
    – Secondo aspetto quello che te racconti nel sogno di un Enrico bambino al quale vuoi evitare di far vedere le cose brutte che hai come bagaglio personale,io lo sto vivendo con mia figlia di 2,5 anni.
    Quando la guardo vedo una parte di me da piccolo,e ci sono momenti che senza volerlo la sottopongo a certi disagi da me vissuti,solo ed esclusivamente per potermela coccolare.
    Mi spiego meglio
    Diciamo che identifico in mia figlia Federico da piccolo,io e mia moglie rappresentiamo i miei genitori,e comportandomi in maniera non troppo bella,ma soprattutto vivendo dentro di me un disagio simile a quello che ha provato mio padre,sfuggo da mia figlia. Il tutto solo per poi potermela abbracciare e coccolare,dandole delle spiegazioni e rassicurandola.
    Vi posso assicurare che succede in maniera molto lieve,quasi impercettibile per lei,avvolte manco mia moglie se ne rende conto,si tratta solo di una soap opera che gira nel mio cervello(credo che adesso Mister Sorrisetto sorriderà,questa cosa spiega una mia sensazione che da mesi non veniva più toccata)
    Allora continuando,credo di vivere in parallelo due vite,quella normale con la mia famiglia,ed una interiore che sfrutta mia figlia per risolvere i miei problemi.
    Diciamo che mia figlia sta facendo l attrice,interpretando senza emozioni,un ruolo pesante da recitare,ma con la naturalezza di un bambino.
    Quindi potrei asserire che la spensieratezza di mia figlia sta rendendo piu spensierato il bambino che è in me riscrivendo un copione. Mia figlia e Federichino stanno viaggiando di pari passo,lei rassicurando Federico e facendolo essere più sereno,mentre lui proteggendola come un fratello maggiore geloso di quello che ha,il tutto sotto i miei occhi vigili e pronti ad intervenire al primo errore con il supporto del Doc.
    Adesso mi inizio a spiegare anche l’ affermazione,Quando il bambino che è in te troverà giustizia ti lascerà vivere in pace.
    Va beh se qualcuno vuol chiamare il 118 per farmi fare un TSO lo capisco.
    Ma io sono contento di quello che ho scritto.
    Saluti Federico

  88. “…Ma soprattutto so che potrò andarli a rileggere ogni volta che vorrò e che ogni volta verranno analizzati con occhi diversi, con uno stato d animo diverso, fino ad arrivare al punto di farci una bella risata sù…”.
    Visto che la metti su questo piano sono certo che non intenderai come irriverente il mio commento. Forse, nel animosità del tuo di commento, non ti sei accorto di aver introdotto un’altra regola non scritta che può far comodo a tutti: la possibilità di farci due risate sopra; sì, anche sulle cose che ognuno di noi ha sigillato nel proprio cassetto di sicurezza per la paura di incartarcisi come si incarta un tramezzino unto e bisunto nel domopak…
    Mi hai fatto ridere Federico! Mi hai fatto venire in mente il contrastante duello, impregnato di odio e amore, tra Paolo Brosio e la su’ mamma. Parallelamente mi hai fatto pensare a me, come un tramezzino impregnato di maionese e di ogni ben di dio, intrappolato e rinchiuso (auto-intrappolato e auto-rinchiuso) al buio, all’interno del cartoccio di domopak che io stesso mi sono costruito. Un fenomeno, vero!?
    Mi piace molto anche quando parli di te come spettatore esterno di te stesso. Forse è uno dei risultati del Bartalinituour ma è capitato anche a me. Mi è capitato anche di sognarlo: io che parlo e conforto un Enrico bambino mentre, insieme, adesso, guardiamo fuori il mondo con occhi diversi: i miei, che hanno già visto tante cose e che vogliono evitargli di soffrire, e i suoi, quelli innocenti e fragili di un bambino.
    p.s.: Anche Carla ha introdotto un’altra regola non scritta, quella della sintesi: quindi mi faccio un’altra risata veloce e… ho finito!
    Per ora, Carla. Per ora…

  89. Ciao Enrico
    mi fa piacere che hai percepito la carica che avevo voglia di trasmetterti.
    Del resto io di quella carica ne ho fatto ragione di vita specialmente negli ultimi anni quando ho sempre ricercato squadre allo sfascio per cercare insieme ai miei compagni di ribaltare una situazione negativa,si ok Doc con un fare un pò Divino,da salvatore della patria…
    Mi sembra di vivere questa pagina come una seduta di Alcolisti anonimi o recupero di tossico dipendenti,non fraintendetemi,non ho niente contro nessuno.
    Mi sto rendendo conto che mi serve scrivere,che mi serve leggere i vostri commenti,che ho bisogno di confrontarmi.
    Fino a che ha rotolato la palla quella era la mia droga,li trovavo i rimedi alle mie paure,lì le tenevo catalizzate.
    Finito di giocare mi sono veramente trovato in crisi.
    Adesso a seguito di quanto raccontato nei vari post,sto trovando la giusta energia per andare avanti,aiutato anche dal fatto che in questa pagina sto trovando la mia squadra,senza che sia per forza il leader,ma essendo Federico.
    Io ho sempre trovato parlando le soluzioni ai miei problemi,quelli che volevo vedere naturalmente,si ascoltando li altri,ma soprattutto me stesso.
    E’ sempre stata una mia dote,e malgrado tutto,mi rendo conto di essere stato sempre molto equilibrato e responsabile di me stesso.
    Per oggi ho dato abbastanza ( potrei continuare fino al infinito,dentro ho un fiume in piena,però credo che sia giusto fermarmi per riflettere rileggendo cosa ho scritto)
    Saluti e Buona Pasqua a tutti
    Federico

  90. Buongiorno
    diciamo che per me sta diventando quasi un esigenza aprire questa pagina e leggere i commenti.
    Oggi ho voglia di urlare il mio disagio.
    Ho un passeggero oscuro,che poi non è altro che Federico da bambino,quel Federico al quale è stato fatto un torto da parte di entrambi i genitori e che non ha mai urlato un GROSSO VAFFA… PEZZI DI ME..DA,MI AVETE FATTO SOLO DEL MALE CON LA VOSTRA GUERRA.
    Scusate ma quando ci vò ci vò.
    Oggi ero a tavola con mia moglie,mia figlia,mia mamma e mia nonna .
    Stavamo parlando di una situazione nella quale mia moglie stamani si era trovata spettatrice non coinvolta.
    In poche parole ha assistito ad una sofferenza di una persona che è stata lasciata dal marito e che sfruttava la nipote per metterla su contro suo nonno.
    Subito mia mamma di è scaldata quando sia io che mia moglie analizzavamo l operato di questa Signora come sbagliato nei confronti di una bambina,asserendo entrambi che i figli nelle separazioni ne escono sempre sconfitti anche se innocenti,( entrambi siamo figli di genitori separati ).
    Lei sosteneva che la poverina invece è sempre colei che viene lasciata.
    Va beh l hanno capito anche i sordi che la finalità della discussione era parlare di me e mia mamma.
    Ora mi chiedo,ma continui ancora a sentirti poverina?
    Continui ancora a pensare che te sei vittima di tutto quello che ti è successo?
    Continui ancora a pensare che tuo figlio ti deve tutelare?
    BENE ALLORA NON HAI CAPITO UN CA..O!!!!
    Te sei responsabile quanto lui se non di più,perchè sfrutti i sensi di colpa per tenermi a te.
    Quì di poverini non ce ne sono, tanto meno te.
    Ci sono piuttosto persone che hanno deciso di andare avanti,hanno deciso di rialzarsi dopo essere cadute,senza stare a vedere se sono inciampate o sono state spinte,perchè la finalità è tornare a camminare e non cercare un colpevole a tutti i costi.
    Sono contento della possibilità che “Mister Sorrisetto” mi ha dato per poter esprimere i miei sentimenti.
    Prima li scrivevo a lui,o me li scrivevo per me e li leggevamo insieme.
    Adesso invece so che verranno lette da altri,amici con i quali abbiamo iniziato a confrontarci,o estranei che rimangono nella loro ombra.
    Ma soprattutto so che potrò andarli a rileggere ogni volta che vorrò e che ogni volta verranno analizzati con occhi diversi,con uno stato d animo diverso,fino ad arrivare al punto di farci una bella risata su e di sbattermene altamente.Allora vorrà dire che sarò diventato un osservatore della mia vita,non più coinvolto emozionalmente da ciò che mi è successo e potrò chiudere una porta per aprire un portone.
    Saluti Federico

  91. Carla… non ti scusare. Hai un dono e non te ne accorgi: quello della sintesi. Ti basta poco per comunicare già abbastanza. Sei ancora indietro? Io non saprei se sono a metà, a buon punto o ancora all’inizio, però va bene così: il dopo si vedrà ma di certo la novità recente e che ho imparato a pensarlo senza farmici “il capone”.
    Hai detto “compagni di viaggio percettibili”. Mi è piaciuto molto! Ho detto a Mr Sorriso che percepisco questa sezione come una stanza buia dove, non vedendoci, è più facile attivare un senso importante come l’udito, non per ascoltare le dritte di un fantomatico “guru” che si impossessa per un attimo dello sterzo del pullman (Federico, non ti preoccupare: le Regole le detta Sorriso, la via maestra la indica lui.. io ho inteso le tue parole solo come una pacca sulla spalla di un tizio sconosciuto che è in questa stanza buia insieme agli altri anonimi e sconosciuti “compagni percettibili” e che mi dà coraggio. Per le dritte, dirette o percettibili dai sorrisetti non sempre snervanti, c’è Bartalini). Questa sezione la chiamerei “racconta la tua psicoterapia” ma la sottotitolerei “appuntamento al buio”: in questa stanza si può anche stare zitti (c’è certamente chi legge e non scrive, “chi guarda e non favella”), si può anche scrivere relativamente poco come fa Carla ma vi assicuro che vi tengo “d’occhio” (ups… siamo al buio: d’orecchio più che altro!) e mi fate parecchia compagnia… anche se, da buon pignolo, mi da un pochino noia che no ci sia un ordine cronologico tra i vari post, ma chi se ne frega: l’importante è ciò che si sente (con l’udito e con il cuore) qua “dentro”.

  92. Dopo la seduta di stamani abbiamo concordato con il Doc che ho dato dei consigli a voi e questo è sbagliato,soprattutto perchè senza un freno avrei continuato ad avere il ruolo di leader,di capitano,di colui che gestisce gli altri per gestire se stesso.
    Allora vediamo se ho recepito la lezione.
    Cari Carla ed Enrico,e tutti coloro che seguono questo Blog o lo seguiranno,diciamo che inizialmente ho frainteso il significato che il Doc ha dato a questo Blog.
    Adesso allineato con tale pensiero vi racconto la mia esperienza,ed il significato delle mie due risposte precedenti.
    Io avrei desiderato aiutarvi,è un desiderio che ho da svariati anni,aiutare il prossimo,cioè aiutare me stesso.
    Allora comincio adesso.
    La mia esperienza con questa seconda terapia,nelle lettere precedenti spiego bene di cosa sto parlando,è stata veramente importante,ha dato e sta dando dei risvolti veramente inaspettati.
    Come mi è stato detto stamani da Mister Sorrisetto,il passato è passato,ma li occhi con i quali lo sto guardando adesso sono diversi da quelli che me lo facevano guardare prima.
    Io ho avuto,con un piccolo aiuto chimico,il coraggio di aprire un cassetto che ad un anno fa mi negavo a me stesso.
    E l equilibrio che sta producendo tale avvenimento mi sta sconvolgendo in positivo,mi sta rendendo una serenità d animo mista a un pò di rammarico.
    Diciamo che per portare un paragone mi sento come seduto davanti ad una lavatrice industriale che sta lavando e centrifugando la mia vita,consapevole che quello che ne uscirà una volta asciutto avrà solamente bisogno di essere asciugato e stirato.
    Io sono veramente orgoglioso di me stesso e del coraggio che ho avuto.
    Non è stato facile superare la diffidenza e la tendenza a rinunciare tipica di chi mi ha cresciuto,ma con il tempo capisco sempre più il perchè.
    Come suggeritomi stamani da Mister Silenzio,un figlio che va in terapia produce una rivoluzione a livello famigliare che non ha paragoni.
    Spero che queste mie parole possano aver recuperato gli errori da me fatti nelle precedenti lettere.
    il fine era lo stesso solo che avevo sbagliato il modo.
    Ma la cosa bella di noi è che siamo disposti a cambiarci e sappiamo ascoltare quello che abbiamo dentro e che avvolte ci viene suggerito dal fuori.
    Un abbraccio Federico

  93. Immagino che ora tocchi a me condividere la mia esperienza con i compagni di viaggio percettibili, ma temo di non avere molto da comunicare, forse sono un po’ troppo indietro: non posso riassumere efficacemente e men che mai con entusiasmo ciò che nemmeno io comprendo fino in fondo. Vi scrivo una “pagina bianca” sulla scia di Mallarmè e Verlaine, con la peculiarità che questa è la mia. Mi scuso per l’aridità emotiva.

    Carla.

  94. Grazie Federico,
    la tua risposta mi piace tantissimo: è piena di quell’energia positiva e contagiosa di chi non si vuole arrendere. Di grande conforto e di stimolo a scendere in campo per ribaltare il risultato, o almeno per provarci…
    In uno dei miei sogni i miei tormenti si materializzavano in un signore oscuro che voleva farmi fuori. Io lo temevo ma, nella mia testa, anticipando la forza reattiva che mi racconti e che riconosco come strumento da sfoderare ora, mi / gli dicevo “…va bene, testa di ca..o di male oscuro, mi potrai anche distruggere ma, prima di arrendermi, ti faccio v’ota’ i coglioni…”. Grazie.

  95. Ciao Enrico
    ho letto e riletto la tua riflessione e la prima cosa che mi salta agli occhi è la tua affermazione ” compassionevoli”.Io ti posso assicurare che non provo compassione nei tuoi confronti,ma anzi grossa ammirazione e rispetto, non della tua Privacy o del tuo anonimato,ma della tua fase di estrema difficoltà.
    Faccio una premessa.
    Io sono passato 3 anni fa da uno “Strizzacervelli”,così l avevo scritto pure sul cellulare e nelle agende per l appuntamenti.
    Purtroppo o per fortuna nella vita tutto ha una strada ben definita dalla quale prima o poi dobbiamo passare.
    Come già analizzato con “Mister Sorrisetto”,io lo chiamo Doc per deformazione professionale,anche quell esperienza mi è servita.
    Mi spiego meglio
    Nel precedente percorso da me affrontato ho avuto la sfortuna di non scegliere il terapeuta giusto ( o forse la fortuna visto che ancora non ero pronto ad affrontare le mia paure) e l unica cosa che è riuscito a farmi è stato imbottirmi di Cimbalta misto a Xanax. Ora data la mia struttura fisica e lo sport che facevo non ne ho risentito più di tanto,ma se mi dava l eroina era lo stesso,mi ha spento tutto lo stato emozionale,ero un ectoplasma a livello di sentimenti,facevo le cose come un automa.
    Finito il manifestarsi del mio disagio dopo 9 mesi ho terminato la mia terapia scalando le dosi e via dicendo.
    Piano piano con il passare del tempo sono riaffiorate le mie paure,e la nascita di mia figlia ha calato il carico su di un tavolo dove erano presenti già carte pesanti.
    Tranquilli arrivo al dunque.
    Ho iniziato a provare sempre più paura,ad isolarmi a smettere di vivere.
    Ora vi chiederete,cazzo c ha questo nella testa,cosa ha subito per essere stato così male,niente di più e niente di meno di quello che hanno provato l 80 % dei miei coetanei,la separazione dei miei genitori in età difficile 7 anni con strascichi non facili.
    Comunque,dopo aver portato lo stile della mia vita veramente ad un livello scarso ho deciso di tornare in terapia,ma questa volta cambiando il terapeuta.
    Ho iniziato con una donna, ma dopo 3 sedute ha deciso che visto il mio trascorso ( abbandonato dal padre e forte legame con la mamma) per me sarebbe stato meglio una figura maschile.
    Così mi ha indirizzato dal nostro amico comune.
    Lui si è preso tutto il tempo,cioè le 3 sedute per decidere,mentre io fremevo sulla sedia per iniziare.
    Dalla 4 seduta sono partito come un missile,non ho saltato e rimandato una seduta,ho rivoltato la mia vita come non mai,ho detto tutto quello che c era da dire e ho fatto passi da giganti. Ma la mia vita continuava a peggiorare,mi rintanavo sempre più in casa,se mi si avvicinavano estranei indietreggiavo al muro,ecc
    Eccoci al dunque.
    Ero nella tua stessa situazione,potevo continuare a raccontare cose che non mi scuotevano lo stato emozionale,cose che si mi avevano turbato ma non erano il nocciolo del problema, allora insieme al Doc abbiamo deciso di aggiungere un farmaco che non spegnesse come quello precedentemente provato,ma che mi desse il coraggio di guardare il mio vero problema senza farmela sotto.
    Ora il mio non è un invito a drogarvi,è solamente quello che ho dovuto fare io,perchè altrimenti anche a questo giro non sarei arrivato al nocciolo della questione.
    Dopo circa 40 giorni dal inizio della terapia farmacologica ho iniziato ad affrontare la vita piano piano senza il manifestarsi di certi sintomi bloccanti classici della paura e ad oggi che ne sono passati quasi 70 comincio a fare quasi tutto.
    La cosa bella è che il desiderio e le sensazioni sono rimaste invariate,quando devo affrontare certe situazioni la paura si manifesta lo stesso,però ho un po piu coraggio di affrontarla.
    Tutto questo discorso per spiegarvi senza vergogna che possiamo anche decidere di andare in terapia,ma non basta. Dobbiamo veramente essere desiderosi di non tornarci più.E per far si che ciò possa succedere bisogna aprire tutti i cassetti,anzi direi aprire solo quei cassetti che non abbiamo il coraggio di aprire,gli altri si possono analizzare con un amico di fronte ad una birra,sicuramente più economica del Bartalini Tour…
    Quindi Enrico mi viene voglia di dirti di lasciarti andare,di trovare il coraggio,di vedere con Mister Sorrisetto cosa c è dietro la parete ,perchè il risultato è veramente soddisfacente,e soprattutto non ti lascia il senso di incompletezza.
    Io ripeto l ho provato e ad oggi mi mangio le mani di non aver incontrato il Doc 3 anni fa,con il rammarico che ho smesso di fare una cosa che amavo,mentre ad oggi avrei potuto affrontarla in maniera diversa,più matura,più serena.
    Quindi ragazzi se decidete di andare da Paolo andateci convinti di togliervi tutto il peso dal petto.
    E un po come quando devi prendere una puntura,rimandi rimandi impaurito,eppure sei dentro la stanza del medico,ma non ti sei ancora calato le braghe, poi dopo averla fatta dici boia che bischero che sono stato,mi sono fatto delle seghe mentali per nulla.
    A proposito di Seghe mentali,in Estate mia moglie e mia figlia mi hanno regalato a loro insaputa un libro che veramente mi ha aiutato a capire alcune cose. Molto semplice pure divertente,ma se letto con l occhi giusti molto illuminante.
    Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita di Giacobbe .
    ve lo consiglio,costa 12 euro.
    Un abbraccio compagni di viaggio e scusate se sono sembrato bacchettone,non era il mio intento,volevo solo essere più onesto e chiaro possibile.
    Saluti Federico

  96. Cari Carla e Federico,
    devo dire che vi leggo volentieri e, in un certo senso, vi avevo percepiti e forse vi stavo aspettando. Vi chiederete come e perchè e sarebbero domande legittime. Cercherò di spiegarvelo.
    Ho preso l’abitudine, durante questo viaggio, di porre molta piu’ attenzione ai miei sogni, quelli che faccio io, nel mio inconscio, la notte, non i miei desideri. Questi, ho scoperto con mia grande sorpresa, sono “viaggi nel viaggio”; sono momenti in cui, immaginandomi seduto sul sedile del passeggero accanto all’autista, mi addormento sul pullman e mi abbandono al massimo al farmi trasportare in luoghi, tempi e situazioni onirici/oniriche che poi, al risveglio, illustro all’autista dal sorrisetto silenzioso e snervante. Illustro nel vero senso della parola perché a me piace disegnare e ho preso l’abitudine di disegnarli sul mio piccolo diario di viaggio. Questi sogni, che se lasciati lì, nel dimenticatoio, non avrebbero nessuna utilità e poi sarebbero dimenticati; così facendo, invece, parlandone e analizzandoli con Mr Sorrisetto, diventano fonte di incredibili indicazioni su tanti piccoli o grandi aspetti che hanno caratterizzato tutto il mio percorso, dall’inizio dei tempi ad oggi, e utili strumenti che sono diventati un promemoria di Enrico, una mappa sempre a disposizione, un “navigatore satellitare”, che mi aiutano ad avere un quadro concreto della situazione: adesso non navigo piu’ “a vista” ma ho un riferimento su esperienze passate per ricavarne un modus operandi per le esperienze che arrivano; questo mi aiuta ad avere meno timore dell’ignoto e ad apprezzare di piu’ il mio, forse mediocre, forse banale, però adesso piu’ bello, “qui e ora”: c’era una canzone che diceva “la vita è adesso”… perché rovinarsela mettendosi un paio di occhiali con lenti che ce la fanno vedere alterata e non “desiderata”? (ogni riferimento al manoscritto non è puramente casuale). Non entrerò nel merito dei miei sogni in questa sede (è roba mia!) ma, quanto detto, è per raccontarvi che, in uno di questi, ho sognato altri viaggiatori del Bartalinitour, e forse c’eravate anche voi. Mi trovavo infatti in un momento cruciale del viaggio, ovvero – forse come mi ha fatto venire in mente Carla col suo commento – in quella fase in cui senti di aver girato intorno al nocciolo della questione, hai sistemato un po’ di cosette collaterali, hai trovato anche energie nuove, indicate, oppure solo appena accennate, da Mr Sorriso, ma sei arrivato al punto di poterti/doverti dire “ok, bello, hai trovato il coraggio di sederti su quella poltrona, hai messo da parte l’orgoglio che considerava disonorevole e ‘da mammoletta’ il fatto di andare da uno ‘strizzacervelli’ o analista che dir si voglia, adesso però devi fare di piu’: apri il vaso di Pandora! E’ quello – smetti di mentire te stesso! – il vero motivo per cui ti trovi qui…”.
    In questo sogno mi trovavo in una stanza, seduto ad un tavolo. Io ero a capotavola, all’altra estremità tre, forse quattro, illustri sconosciuti, educati, silenziosi, anonimi e rispettosi del mio anonimato e della mia privacy ma, allo stesso tempo, solidali e compassionevoli, per quella mia fase di estrema difficoltà: una sorta di cameratismo comunque rispettoso delle debite distanze di circostanza: “non ti conosco, non ti voglio conoscere, ma sono con te con tutto il cuore, perché ci sono passato/a anch’io…”. In questo sogno – me lo ha fatto notare Bartalini- io ho cambiato le nostre regole: per convenzione e rispetto delle parti mi viene da dare (e mi pare adeguato che mi venga dato) del Lei nei dialoghi con il nostro autista ma, in quel sogno, infrangevo un po’ le convenzioni: chiedevo a Mr Sorriso di prendere una sedia e di mettersi accanto a me e gli dicevo “ascolta…, ora mi fido di te. Ora ho bisogno non che il Dottor Enrico parli con il Dottor Bartalini ma che Enrico parli con Paolo, perché devo aprire un cassetto che ho sempre voluto chiudere a doppia mandata di chiavi e sigillato ermeticamente. Se io non lo apro insieme a te, il mio viaggio può anche finire ma sarebbe un viaggio fallito o non completo”. La presenza di quelli illustri conosciuti era (ed è) di grande conforto e foriera di quella iniezione di una piccola dose di coraggio supplementare per affrontare quel difficile passaggio (ad oggi non l’ho ancora superato); quindi, anche se non avete fatto niente direttamente e direttamente per me, vi ringrazio di cuore per il sostegno morale indiretto anonimo e a quella giusta indefinita e indefinibile distanza spaziotemporale, quella che mi piace aver battezzato “la distanza del riccio”: due ricci che stanno troppo vicini si bucano vicenda, se troppo lontani non hanno alcuna interazione e sono destinati a perdersi e a perdere qualcosa di utile per ambedue.
    Ho quasi finito, tranquilli. Due cose su di voi: Federico mi ha fatto ridere rammentando la frase che tutti noi abbiamo sentito spesso… “bene… abbiamo finito…”; di Carla mi piace la sua ribellione ad andare dove non vuole ma anche la sua ammissione di “colpevolezza” (mi raccomando! Mr Sorrisetto dice che i sensi di colpa non servono a nulla e nessuno); poi anche Carla mi ha fatto sorridere per il titolo affettuosamente irriverente appioppatogli di Mr Sorrisetto snervante, ironico e quasi irriverente, e per l’evidenziazione di quei fantastici silenzi che mettono in imbarazzo. 🙂
    Per adesso è tutto, ancora grazie e buon proseguimento.
    enrico

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