Terremoto in Giappone

L’impatto psicologico nelle persone coinvolte in un evento catastrofico

Il Dopo la catastrofe avvenuta nel dicembre 2004, il mondo si trova ad affrontare un altro evento naturale di proporzioni immani che ha distrutto città e provocato la morte di migliaia di persone. Il terremoto e lo tsunami di questi giorni hanno sconvolto il Giappone e tutto il resto del mondo che assiste impotente a questo disastro. Lo tsunami ha spazzato via case, navi, aerei, tutto ciò che trovava sul proprio percorso causando la morte di decine di migliaia di persone. L’impatto psicologico che un evento così drammatico può avere sui sopravvissuti è potenzialmente molto profondo. disturbo che di solito sviluppano le vittime dei disastri si chiama disturbo post-traumatico da stress (PTSD, post-traumatic stress disorder) causato da “un evento traumatico che la persona ha vissuto direttamente, o a cui ha assistito, e che ha implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. L’evento deve aver creato paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore”. I veterani di guerra sono i soggetti nei quali l’esposizione a questo genere di stress è più frequente.

I sintomi del disturbo post-traumatico da stress vengono raggruppati in tre categorie principali (Kring, Davison, Neale e Johnson, 2007).

  1. Rivivere l’evento traumatico. Il soggetto richiama spesso alla memoria il trauma vissuto o esso riaffiora sotto forma di incubo. Il soggetto può essere fortemente turbato da stimoli che ricordano l’evento (rumori, suoni, urla, ecc.).
  2. Evitamento degli stimoli associati all’evento traumatico oppure ottundimento della reattività. Nel primo caso le persone cercano di evitare tutto ciò che potrebbe ricordare loro l’evento traumatico; nel secondo caso, i soggetti manifestano un diminuito interesse per gli altri, un senso di distacco e di estraniamento e incapacità di provare emozioni positive. Queste due reazioni così diverse in realtà non sono in contrapposizione, in quando può accadere che vi sia una notevole oscillazione tra una fase che fa rivivere il trauma ad una fase che invece diminuisce la percezione emotiva.
  3. Sintomi di aumentata attivazione fisiologica. Questi sintomi comprendono difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno, difficoltà di concentrazione, ipervigilanza ed eccessive risposte di allarme.
  4. Altri disturbi psicologici si associano spesso al disturbo post-traumatico da stress, quali l’ansia, la depressione, la rabbia, il senso di colpa e l’abuso di sostanze. Comuni sono anche i pensieri suicidari, così come episodi esplosivi di violenza e problemi di natura psicofisiologica connessi con lo stress, come cefalea e disturbi gastrointestinali.È importante avere ben presente questa costellazione di sintomi per organizzare un trattamento efficace dei sopravvissuti.
  5. La dissociazione e la soppressione dei ricordi possono contribuire al mantenimento del disturbo in quanto impediscono alla persona di confrontarsi con i ricordi del trauma. Proprio per tali motivi il debriefing per lo stress da incidenti critici (CISD, critical incident stress debriefing) è una procedura di intervento immediato (entro 72 ore) sulle vittime di un grave trauma. Il CISD è di solito limitato ad un’unica, lunga sessione organizzata per gruppi, ma anche per singoli individui, indipendentemente dall’eventuale manifestarsi di sintomi.

Il terapeuta incoraggia le persone a ricordare i particolari dell’evento di cui sono state vittime e le invita a esprimere con la maggiore completezza possibile ciò che sentono. I terapeuti che applicano questo metodo di solito visitano il luogo del disastro immediatamente dopo che si è verificato, talvolta su invito delle autorità locali (come è avvenuto dopo l’attacco dell’11 settembre al World Trade Center), altre volte no; la terapia viene offerta sia alle vittime che ai loro familiari (Kring, Davison, Neale e Johnson, 2007). L’utilizzo di questa metodica è piuttosto controverso. Per alcuni studiosi è meglio che i sopravvissuti seguano un normale e più lungo percorso terapeutico che permetta loro di rivivere il trauma in modo più graduale. Un altro tipo di terapia psicologica prevede la riesposizione della persona agli stimoli traumatici, ma in modo organizzato e con il sostegno del terapeuta (ad esempio: esposizione diretta, tecniche di immaginazione guidata, ipnosi).
Ad ogni modo l’obiettivo di ogni intervento terapeutico è soprattutto quello di potenziare la percezione di sicurezza e di ridurre le reazioni di paura e di mancanza di controllo dei superstiti. Non dimentichiamo che il nostro organismo di solito neutralizza gli eventi stressanti grazie alle cosiddette strategie di coping. Ma l’impatto psicologico generato dal terremoto e dallo tsunami è troppo forte per essere neutralizzato dalle risorse personali di ciascun individuo. Per questo è fondamentale intervenire subito, in particolare sui bambini che hanno ancora meno risorse psicologiche per affrontare un disastro di tale portata.

14 marzo 2011 di Elisabetta Rotriquenz